“Il 22 settembre 2015, iniziava l’inchiesta sulla Banca Popolare di Vicenza che comportava l’iscrizione nel registro degli indagati di numerose persone fra cui alcuni dei componenti del Consiglio di Amministrazione della Banca”.

Sono le dichiarazioni, affidate ad una nota, del Consigliere regionale del Veneto Sergio Berlato (FDI-AN-MCR) che così prosegue: “Fra le ipotesi di reato contestate, quelle di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza. Secondo la Procura vicentina, fra il 2013 e il 2014 la Banca si sarebbe ricapitalizzata in modo irregolare, spingendo all’acquisto di azioni i soci che chiedevano mutui e prestiti. Un sistema che avrebbe eroso il capitale di vigilanza, portando il valore del titolo al crollo: da 64,50 euro a 10 centesimi di euro. Una vera e propria catastrofe per oltre 118 mila risparmiatori. A distanza di ben 22 mesi dall’inizio dell’inchiesta, nessun indagato è stato arrestato o reso oggetto di alcuna misura cautelare, non un solo euro è stato bloccato cautelativamente o sequestrato agli indagati a parziale garanzia per le migliaia di persone che potrebbero risultare truffate. Perché a distanza di 22 mesi dall’inizio di questa indagine non è stato emesso alcun provvedimento di custodia cautelare nei confronti di nessuno degli indagati? Non c’erano forse le esigenze cautelari che la legge richiede in questi casi, quali il pericolo di inquinamento delle prove assunte o il pericolo di fuga da parte dei responsabili del disastro bancario?”.

Sergio Berlato“Mentre il tempo passa inesorabilmente – commenta il Consigliere – assistiamo, inoltre, ad un emblematico scontro fra la Procura ed il Tribunale: la prima chiede sequestri cautelativi per alcune persone sottoposte a indagini per un importo complessivo di 106 milioni di euro; il secondo, dopo avere studiato per ben quattro mesi il fascicolo, dichiara ‘sorprendentemente’ la propria incompetenza territoriale trasmettendo gli atti alla Procura milanese, ritenendo che lì si fosse consumato il reato di ostacolo alla vigilanza nei confronti di Consob. Com’era forse prevedibile, i Pm di Milano hanno rinviato la questione all’ufficio del Gip milanese, dichiarandosi a loro volta incompetenti. Ora la questione dovrà essere affrontata dalla Suprema Corte di Cassazione, con conseguente, prevedibile ed ulteriore dilatazione dei tempi”.

“Mentre assistiamo a questo tentativo da parte del Tribunale di Vicenza di trasmettere gli atti altrove – prosegue Berlato – gli ex soci danneggiati, che ancora sperano di portare a casa i soldi persi, temono che anche l’inchiesta finisca nel nulla. A questo punto più interrogativi mi sorgono spontanei. Primo tra tutti: il Tribunale di Vicenza era consapevole che la trasmissione degli atti a Milano avrebbe, con molta probabilità, ulteriormente dilatato i tempi necessari alla celebrazione del processo e, se sì, come mai qualcuno ha deciso di assumersi comunque la responsabilità di questa scelta? Il secondo: dopo ben 22 mesi di indagini da parte della locale Procura della Repubblica, a seguito della ormai nota ‘divergenza di opinioni’ fra i Pubblici ministeri ed i Giudici per le indagini preliminari, i risparmiatori della Banca Popolare di Vicenza possono ancora nutrire una flebile speranza di vedere finalmente riconosciuta loro un po’ di giustizia? Terzo quesito: ritenendo che alcuni tra gli addetti ai lavori sappiano che, passati due anni dall’inizio delle indagini, ne rimangono solo altri cinque prima che scatti la prescrizione per i reati commessi, eventualità in cui confidano molto alcuni degli indagati, non è forse il caso di accelerare i tempi per la celebrazione del processo in modo che ognuno dei protagonisti del disastro bancario possa assumersi la responsabilità delle proprie azioni prima che possa finire tutto in “tarallucci e vino” alla faccia di chi ha perso, forse  irrimediabilmente, tutti i propri risparmi?”.

 

 

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