“Telecamere nei macelli per garantire il rispetto degli animali e ripristinare la fiducia nei confronti dei ‘produttori’ di carne”.

Anche se nell’Alto Vicentino e in tutto il territorio della Ulss 7 Pedemontana i macelli e gli allevamenti sono a norma con le regole per il rispetto del benessere degli animali, il ‘modello inglese’, che prevede l’obbligo entro 6 mesi di installare telecamere a circuito chiuso nei macelli, è senza dubbio una buona idea, sia per garantire il ‘cruelty-free’ (no alla crudeltà) che per ristabilire la fiducia nei confronti degli operatori del settore.

Lo pensa Fabrizio De Stefani, direttore del dipartimento servizio veterinario d’igiene degli alimenti  della Ulss 7, che sottolinea: “Nell’era della dilagante ‘sfiducia istituzionale’, la possibilità di offrire alimenti a elevato contenuto etico e accettati come tali dai consumatori, in quanto ottenuti da animali il cui sacrificio compassionevole è documentato da videoregistrazioni verificabili dalle autorità competenti, può consentire alle imprese di recuperare la fiducia dei consumatori. I quali non sono più disposti ad accontentarsi delle sole dichiarazioni degli operatori, spesso tacciate di autoreferenzialità”.

Produrre in modo rispettoso, mangiare con la consapevolezza che con quell’alimento, dall’animale si riceve in dono una vita. Il concetto è stato presentato agli operatori del settore in varie occasioni. Una di queste è stato il convegno ‘Quando la vita diventa alimento’, organizzato come momento di formazione rivolto a imprese e operatori per assicurarsi che gli operatori possano operare in modo corretto.De Stefani2

Con l’unione delle Ulss 3 e 4 si sono fusi anche due diversi stili di controllo di macelli e allevamenti. Ma la diffusione della cultura per stimolare al benessere degli animali non ha trovato difficoltà nel territorio della Ulss 7, grazie ad operatori che hanno compreso l’importanza della produzione di carne etica e consapevole.

“Abbiamo verificato che ci fosse la precisa comprensione degli obblighi da parte degli operatori – ha spiegato de Stefani – L’iniziativa è stata accolta con entusiasmo e favore, segno che l’argomento è molto sentito da chi opera nella macellazione”.

Entro dicembre 2018 i macelli saranno sottoposti ad audit, nei quali interverranno auditori esterni. Oltre alla formazione, gli operatori avranno un patentino che certifica la loro abilitazione al processo di macellazione e la conoscenza delle regole.

“Per il momento la legge italiana non lo prevede, ma ritengo che l’introduzione delle telecamere nei macelli sia una garanzia, sia per gli animali che per gli operatori – ha spiegato De Stefani – Le telecamere possono certificare quanto prima ciò che spesso viene preso come beneficio d’inventario”.

AgnelliPer anni, gli animalisti hanno invocato l’uso delle telecamere nei macelli, con l’intento di dimostrare la crudeltà usata verso gli animali. De Stefani si schiera sulla stessa lunghezza d’onda, ma con l’obiettivo opposto: ristabilire la reputazione di macelli e allevamenti. “La maggior parte dei consumatori di carne – ha sottolineato – vuole essere sicuro che l’animale di cui si nutre è stato ucciso in modo etico senza essere sottoposto ad abusi. Il cruelty-free (no crudeltà) è un valore aggiunto. L’innovazione rappresentata dalle telecamere, potrebbe costituire un’occasione importante, per assicurare il rispetto delle prescrizioni a carico degli operatori. Con il duplice obiettivo di garantire la riduzione della sofferenza animale e ottimizzare i controlli ufficiali veterinari pubblici nei macelli. In particolare, negli stabilimenti dove non è possibile assicurare la presenza continua di veterinari ispettori nei così detti ‘punti di morte.’ Auspico che la sfida ‘telecamere nei macelli’ venga accolta con favore dalle imprese italiane della carne, in accordo con i propri dipendenti e collaboratori. Per dare prova, anche ai più ostili detrattori, che non c’è intenzione di nascondere alcunché sulle procedure volte a ridurre al minimo possibile il pur inevitabile dolore che accompagna la trasformazione di una vita in alimento”.

Anna Bianchini

 

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