Centinaia di allevatori veneti tra cui numerosi vicentini sono scesi in piazza Pio XII a Roma nel giorno del patrono degli animali Sant’Antonio abate, chiamati a raduno dalla Coldiretti per protestare contro l’invasione dei prodotti esteri che colpiscono a morte i migliori salumi e formaggi locali.

 

‘L’esigenza di una svolta radicale è ormai impellente’, ha dichiarato presidente nazionale Coldiretti Roberto Moncalvo, sottolineando le difficoltà in cui versa il settore. ‘Carne, salumi tipici, latte e formaggi – ha aggiunto nel suo discorso ai presenti – sono pesantemente colpiti dalla scure dei prodotti provenienti dall’estero ed in gran parte utilizzati come materia prima per la trasformazione dalle multinazionali che da tempo sono riuscite ad irrompere nel mercato. Sotto accusa anzitutto la normativa che consente di spacciare italiani prodotti importati dall’estero per la mancanza di norme chiare e trasparenti sull’etichettatura di origine’.

 

Ma una svolta è attesa nel 2017, da quanto lascia intendere  il presidente provinciale di Coldiretti Vicenza, Martino Cerantola ed il direttore Roberto Palù, con l’entrata in vigore delle legge che obbliga ad indicare in etichetta la provenienza del latte con mucche o pecore e capre che ‘potranno finalmente mettere la firma sulla propria produzione garantita a livelli di sicurezza e qualità superiori grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa’.

 

‘La qualità è il nostro fiore all’occhiello – ha invece aggiunto il presidente dell’associazione regionale allevatori del Veneto Floriano De Franceschi – però ha costi di produzione indubbiamente più elevati. L’unica strategia che gli allevatori possono attuare per andare avanti è l’ammodernamento dell’azienda in termini di efficienza ed attraverso un sistema di qualità basato sull’attenta e costante analisi dei dati, che deriva anzitutto dai controlli funzionali. Ed in Veneto siamo maestri in questo, perché ogni animale viene monitorato costantemente, così da produrre un latte di qualità straordinaria, che i casari possono abilmente trasformare nei formaggi che tutti portiamo in tavola con orgoglio e che il mondo intero ci invidia’.

 

Qualità, efficienza, ma anche un bagaglio di tradizioni che si rischia di perdere. ‘Quando una stalla chiude – hanno dichiarato ancora Cerantola e Palù – si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni’.

 

Nonostante un’importante attività di recupero, in Italia sono minacciate di estinzione ben 130 razze allevate, tra le quali ben 38 razze di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini, sulla base dei Piani di sviluppo rurale della precedente programmazione. Ma in pericolo sono anche pezzi pregiati dell’enogastronomia nazionale, che può contare sul primato mondiale con 49 formaggi Dop riconosciuti dall’UE addirittura, ma a rischio ci sono anche i prelibati prodotti della norcineria nazionale, dal culatello di Zibello alla coppa piacentina, dal prosciutto di San Daniele a quello di Parma, per un totale di 41 salumi ‘made in Italy’ tutelati in Europa.

 

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