“Abbiamo appreso ora del nuovo piano concordato tra ministero dell’Interno e Anci nazionale che prevede la redistribuzione obbligatoria in tutti i comuni del Veneto di 14.560 migranti, con una quota minima di 6 assegnati per i comuni sotto i duemila abitanti.

Un piano, peraltro, che non è stato concordato con l’Anci regionale, e che sotto il profilo tecnico, giuridico e di gestione presenta numerose criticità e incognite. A cominciare dai vincoli di obbligatorietà che il governo intende far valere nei confronti delle amministrazioni locali”. E’ la prima valutazione espressa dall’assessore al sociale Manuela Lanzarin, in rappresentanza della Giunta regionale e del presidente Luca Zaia, al tavolo di coordinamento regionale, convocato dal prefetto di Venezia, con i rappresentanti delle prefetture venete, dell’Anci, del comune di Venezia e con il capo dipartimento del Viminale per l’Immigrazione, Mario Morcone, collegato in videoconferenza, che ha illustrato il piano governativo per ripartire i richiedenti asilo tra tutte le regioni in quota proporzionale al riparto del fondo nazionale per le politiche sociali.

 

“Mi chiedo cosa farà il Viminale con le amministrazioni che hanno detto no all’accoglienza diffusa o che non riusciranno a farsi carico della quota obbligatoria assegnata”, ha proseguito l’assessore, che ha preferito condurre il confronto sul piano tecnico, lasciando il giudizio politico al confronto tra i governatori delle Regioni e il ministro Minniti, in programma il 19 gennaio a Roma.

 

“Al prefetto Morcone, ai prefetti veneti e ai sindaci dell’Anci – spiega l’assessore al Sociale – ho ribadito che il Veneto ha già dato, e sta continuando a dare, in termini di accoglienza.  Con 517 mila immigrati residenti e integrati, pari al 10,4 per cento della popolazione, e quasi 30 mila migranti arrivati a seguito di sbarchi ed esodi, il Veneto è la terza regione d’Italia per numero di presenze straniere, alle spalle di Lombardia e Sicilia.  I dati del Ministero e delle Prefetture smentiscono i luoghi comuni: qui in Veneto non facciamo barricate, siamo una regione accogliente. Ma pretendiamo di sapere chi accogliamo e con quale progetto di vita. Non intendiamo avallare in alcun modo l’attuale gestione caotica, improvvisata  e fallimentare dell’emergenza profughi, né nuove misure impositive. La riproposizione della distribuzione coercitiva e capillare dei migranti in base a un parametro numerico, senza garanzie, senza aver rivisto la nostra legislazione in materia di asilo e immigrazione, senza un piano europeo di ricollocamento e in assenza di accordi bilaterali per il rimpatrio di chi non ha diritto allo ‘status’ di rifugiato,  rappresenta una ulteriore ‘bomba’ per il tessuto sociale e la sicurezza del paese”.

 

“Al prossimo incontro dei governatori del 19 gennaio a Roma con il ministro Minniti, il presidente Zaia avrà occasione di confrontarsi personalmente con il governo e il piano del Viminale – ha aggiunto Manuela Lanzarin – Ma la posizione della Regione Veneto è nota. Su 30 mila nuovi arrivati in Veneto negli ultimi tre anni  solo 1 su 3 ha i requisiti per essere accolto come profugo  Il Veneto è disponibile ad aiutare chi ha effettivamente diritto alla protezione internazionale, ma non  può e non vuole mettere in crisi il proprio sistema di welfare per dare ospitalità a chi non ne ha diritto”.

 

“L’accoglienza diffusa, affidata alla buona volontà di sindaci, associazioni e privati, senza una precisa catena di interventi preventivi che fermi chi non ha diritto ad entrare nel nostro paese, rappresenta solo l’ennesima illusione per governare un fenomeno che sta assumendo dimensioni planetarie. Non ci servono i ‘pannicelli caldi’ o le soluzioni ‘tampone’, dobbiamo mettere un argine alle partenze dalle coste africane, con centri di identificazione in loco, accordi con i paesi della sponda sud del Mediterraneo e corridoi umanitari per i veri rifugiati”.

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