Il Dossier Pfas della Regione Veneto “un documento senza alcun fondamento e con conclusioni arbitrarie”. A dirlo è Angelo Moretto dell’Università degli Studi di Milano, incaricato dalla Miteni di Trissino per un’opinione tecnica su quel documento della Regione che lanciava il pericolo sulla vita dei neonati e delle gestanti nella ‘zona rossa Pfas’.

A pochi giorni dagli avvisi di garanzia notificati a 9 manager della Miteni, l’azienda chimica di Trissino non da segnali di scossoni, ma non sta alla finestra a guardare e fa spulciare le pagine del ‘Dossier Pfas’ della Regione Veneto al professore Moretto del Dipartimento di Scienza Biomediche e Cliniche ‘L.Sacco’ dell’Università degli Studi di Milano che così commenta: “Questo documento presenta dati del tutto inutilizzabili a causa di numerose carenze metodologiche e qualsiasi conclusione tratta non è ragionevolmente sostenibile”. L’analisi di Moretto continua smontando punto per punto il metodo con cui è stato elaborato statisticamente il dossier dalla Regione, smentendo categoricamente che lo stesso sia in accordo con la letteratura scientifica internazionale, come più volte viene richiamata dalla Regione senza però richiamare i dati di detta letteratura.

La natimortalità nell’area rossa (1.9 per mille, e non % come indicato nel testo del documento) è inferiore alla media del Veneto (2.5 per mille, e non % come indicato nel testo del documento): da questo, seguendo la logica del documento, si dovrebbe dedurre che c’è un effetto protettivo nel vivere nella zona rossa riguardo alla natimortalità. – continua Moretto nel suo contro studio – Il decorso della gravidanza è definito come fisiologico in una maggiore percentuale dei casi nell’area rossa (83.3%) rispetto alla media del Veneto (81.6%), nella zona rossa le anomalie congenite maggiori alla nascita (2.9%) sono inferiori (nota: il documento riporta “non aumentata”) alla media del Veneto (3.0%) e della zona bianca in particolare (3.2%), e confrontabili a un anno di vita (zona rossa e media del Veneto 3.7%, ma 3.9% nella zona bianca), non è stata considerata la composizione etnica della popolazione che potrebbe spiegare quello che è definito nel documento “rischio elevato” (ma non c’è analisi statistica a sostegno dell’affermazione) di pre-eclampsia nell’area rossa (4.46%) rispetto alla media del Veneto (3.6%) e di diabete gestazionale nell’area rossa (5.35%) rispetto alla media del Veneto (3.13%)”.

Per quanto riguarda le malformazioni e anomalie al primo anno di vita sui neonati il professore Moretto conclude che sono: “modeste differenze percentuali non statisticamente significative e rientrano nella normale variabilità dei dati di popolazione: malformazioni/anomalie al primo anno di vita che in totale hanno un’incidenza minore nella zona rossa (41.0 per mille rispetto al 40.6 per mille della media del Veneto e al 42.3 per mille della zona bianca), mentre quelle specifiche mostrano un andamento variabile: alcune hanno incidenza più bassa nella zona rossa altri più elevata, i difetti agli arti sono il 6.5 per mille nella zona rossa rispetto all’8.1 per mille della media del Veneto e all’8.6 per mille della zona bianca, i difetti delle vie urinarie sono il 2.4 per mille nella zona rossa rispetto al 3.9 per mille della media del Veneto e al 4.3 per mille (quasi il doppio) della zona bianca, le anomalie maggiori del sistema nervoso sono il 5.1 per mille nella zona rossa rispetto al 3.6 per mille della media del Veneto, quelle del sistema circolatorio sono lo 1.0 per mille nella zona rossa rispetto allo 0.6 per mille della media del Veneto, le anomalie cromosomiche sono il 2.2 per mille nella zona rossa rispetto allo 1.6 per mille della media del Veneto.

Conclude la sua analisi Moretto: “Lo studio della Regione è una raccolta poco ordinata di dati, che non sono stati analizzati adeguatamente e dai quali sono state tratte delle conclusioni arbitrarie che non trovano alcun fondamento né nei dati presentati, né nei dati di letteratura. Solo una adeguata analisi statistica dei dati, con controllo di tutti i fattori di confondimento e per l’effetto dei confronti multipli potrà dare delle risposte affidabili. Qualora, fatta questa analisi, si identificassero degli effetti nelle zone di interesse (rossa e grigia) potrebbe essere ragionevole procedere a valutazioni individuali compreso il biomonitoraggio. Solo con queste premesse l’impegno di risorse economiche e umane avrebbe senso. Occorre inoltre menzionare che trarre conclusioni affrettate e non giustificate dai dati crea ansia e indebite preoccupazioni nella popolazione interessata”.

Paola Viero

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