Tanto lavoro e tante esperienze da fare, sempre a disposizione per la comunità e sacrificando un pochino gli affetti. Sandro Maculan non si lamenta e anche se a fatica trova il tempo per un’intervista, si racconta nel suo nuovo ruolo, sottolineando il suo motto: “Mai farsi cruccio per problemi cronici e irrisolvibili”.

Sono otto mesi di vita particolarmente intensa per il nuovo Sindaco di Zugliano. Otto mesi in cui, oltre ad essere un marito e padre di 5 figli, sta amministrando un comune intero. Otto mesi in cui ogni sera “quando vai a letto e tiri le somme, non sai mai quanto hai dato e quanto hai ricevuto”.

 

Maculan, com’è il bilancio di questo inizio?

Sono già un po’ cambiato e mi rendo conto che alla fine di quest’esperienza lo sarò ancora di più. Ma in positivo. C’è solo una cosa che mi preoccupa. Il continuo arrivo di novità dallo stato centrale. Sotto la maschera della semplificazione, per i comuni ci sono tonnellate di carte da studiare e normative nuove da mettere in atto. Allo stesso tempo ci sono tagli di personale e siamo sotto organico. Fortunatamente abbiamo impiegati in gamba.

Che cosa significa essere un Sindaco?

Significa essere il punto di riferimento per ogni cosa. Ma è giusto. Mi cercano come mediatore su ogni cosa e anche se spesso sono interpellato su cose che non sono di mia competenza, è bello vedere che i cittadini si rivolgono a me.

Sindaco a tempo pieno adesso o ancora insegnante?

Per il momento sono Sindaco a tempo pieno, poi da settembre riprenderò part-time il mio lavoro come insegnante di musica nella scuola di Zanè.

La figura di Sandro Maculan come uomo colpisce anche perché è padre di tanti figli. Di questi tempi è strano. Quanto è uomo e quanto sindaco Maculan?

E’ uno scambio. Per amministrare serve il ruolo istituzionale, quello che non ti fa prendere dall’emozione e ti fa prendere decisioni oggettive che seguono il regolamento. Ma allo stesso tempo serve il buon senso del padre di famiglia. Spesso i problemi si possono risolvere con un po’ di logica, senza troppa burocrazia, guardandosi in faccia. Per questo a me non piace comunicare via mail, telefono o fax. Mi piace sedermi con le persone e parlare guardandoci in faccia. Odio le relazioni virtuali, mi piacciono le relazioni vere.

L’episodio delle svastiche dipinte su un muro l’ha risolto con un cartello. E’ stato un gesto da papà più che da amministratore…

Sì. L’idea è di una mia collaboratrice, non mia, ma l’ho accolta al volo. E ha avuto esito. Gli amici della persona che ha fatto quel gesto mi hanno fermato per dirmi che avevano capito e che era stata una scemenza. Mi ha fatto immenso piacere, hanno dimostrato maturità. Ora la scritta sarà tolta il 21 marzo, nella giornata dell’ecologia. I ragazzi delle scuole saranno impegnati con lavori utili e con l’occasione, puliranno il muro. E’ un bel gesto per dimostrare che tutti possono fare del bene al paese.

Ha ancora senso la politica secondo lei?

Io sono stato eletto con una lista civica. Ma credo che i partiti debbano sempre fare la loro parte. Il partito politico è il segnale di competenza nel settore. I partiti devono supportare le amministrazioni e insegnare loro a fare politica. Gli amministratori non sono tuttologi, serve formazione.IMG_00001316

Va d’accordo con i comuni vicini? Pensa che sia possibile sviluppare una politica di tipo territoriale?

Abbiamo tutti buone relazioni, il problema è il poco tempo per trovarci a pianificare e confrontarci, magari per associare le funzioni e far collaborare gli uffici. Oggi c’è molta apertura al dialogo e visto che siamo tante liste civiche c’è meno chiusura anche dal punto di vista politico. Vista la mancanza di risorse, quelli che volevano fare politica per arricchirsi e impossessarsi del territorio hanno gettato la spugna, per cui c’è più spazio per la collaborazione e la crescita insieme. Una volta c’era campanilismo, ma le nuove generazioni l’hanno superato.

Forse è una questione di ‘mondo globale’?

E’ anche una questione di necessità. Una volta c’erano mille parroci e mille parrocchie, oggi non ci sono più preti e le parrocchie allargano il territorio. Lo stesso vale per le squadre sportive, per le associazioni e gli enti. Più che ‘mondo globale’ per me è necessità pura.

E quindi bisogna imparare a ragionare ‘in grande’?

Bisogna guardare all’Europa. I veneti sono troppo attaccati alle loro radici. Lo dico da amante delle tradizioni e lo testimonia il fatto che sto con la Banda Brian e recuperiamo canti e tradizioni venete con infinito orgoglio. Ma oggi, nella vita di tutti i giorni, bisogna  saper andare oltre. Si vive e si lavora nel mondo. Lo stesso vale per noi sindaci. Ognuno di noi vive il suo territorio, ma abbiamo bisogno di definire le competenze e chi sta sopra deve agire per il territorio intero. Dobbiamo sapere dove finisce una competenza e ne inizia un’altra.

Qual è la cosa più difficile del suo nuovo ruolo?

Dico una banalità di questi tempi. Far quadrare i conti con le poche risorse e i tagli continui. Avevamo risparmiato 100mila euro facendo salti mortali, ma sono spariti con i tagli ai trasferimenti. Da questo ho capito che dovremo risparmiare sempre di più. Il fatto è che non siamo in crisi, è cambiata la società. Dobbiamo prendere atto di questo e adattarci.

Che cosa spera per Zugliano?

Vorrei migliorare il senso civico di quelle persone che gettano le carte e le sigarette in terra. Sono piccole cose, ma se lo facciamo tutti, il paese rimane in ordine e si risparmia anche. I servizi costano. Dobbiamo cambiare cultura e adattare le nostre abitudini di spreconi e viziati alle nuove esigenze. Se siamo più ordinati e puliti spendiamo meno per far mettere a posto da altri.

Lei è un bravo sindaco?

Lo lascio dire ai cittadini. Non ho ricette ho pozioni magiche. So solo che to lavorando tanto, insieme ad una bella squadra con la quale c’è piena collaborazione. Nella vita mi sono sempre messo a disposizione e continuo a farlo.

Anna Bianchini

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