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Insultare un sindaco si può, se non mantiene le promesse

Insultare un sindaco si può, se non mantiene le promesse elettorali, sotterrandogli la dignità sotto un cumulo di offese.

Lo ha stabilito la Cassazione, riconoscendo il diritto di critica politica. Dare quindi del bugiardo, falso ed ipocrita ad un primo cittadino ora si può, se tradisce la fiducia ricevuta dai cittadini che credevano nei suo slogan elettorali.

La vicenda
E’ una vittoria per un gruppo di consiglieri di minoranza siciliani, del Comune di Furci Siculo, che denunciarono a tutta la cittadinanza l’operato del sindaco non coerente con quanto promesso in campagna elettorale, affiggendo in paese manifesti dai messaggi chiari: “Falso, bugiardo, ipocrita, malvagio”.
Lo scivolone, che ora col terzo grado di giudizio è costato caro al sindaco, su di una delibera per l’erogazione dell’indennità di funzione alla quale, nei giorni di caccia al voto, aveva assicurato e promesso che avrebbe rinunciato.

Col processo di primo grado i consiglieri vennero condannati dal tribunale di Messina, per reato di diffamazione. Sentenza che nel 2016, due anni dopo, venne ribaltata con un’assoluzione in Appello.

corte-cassazioneL’ultima tappa della vicenda giudiziaria, che ha investito il comune della provincia messinese, si è conclusa nei primi giorni di quest’anno. Gli ermellini hanno respinto il ricorso di Bruno Antonio Parisi, all’ora primo cittadino, che non vedrà quindi risarcita materialmente la propria dignità lesa.

L’onta politica, secondo gli Ermellini, se ricollegata al mancato inadempimento delle promesse elettorali è ammessa: “Gli epiteti ricolti alla parte offesa presentavano una stretta attinenza alle vicende che avevano visto l’opposizione contrapporsi al sindaco in merito alla erogazione di funzione, a cui il primo cittadino aveva dichiarato di voler rinunciare in campagna elettorale – si legge nella sentenza della Suprema Corte – Falso, bugiardo ed ipocrita, nell’avere omesso di dichiarare pubblicamente il proprio ripensamento sul tema dell’indennità di funzione”.

Nemmeno l’aggettivo ‘malvagio’ costituisce una ferita alla dignità di sindaco: “A prima vista può apparire poco attinente al linguaggio dell’agone politico – viene motivato nella sentenza – L’attacco al sindaco riguardava specificamente le scelte politiche ed amministrative del sindaco, e della sua maggioranza. Del tutto correttamente si è escluso che sia trasmodato in un attacco alla dignità morale ed intellettuale della persona offesa”.

Una sentenza che dovrebbe stare sulla scrivania di ogni politico, non solo di un sindaco, per fare soppesare attentamente ogni scelta e decisione da prendere, valutando se si discosti dai precisi impegni elettorali presi.

P.V.

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