di Patrizia Vita

I nostri nonni, figurativamente, dicevano: “Passiamoci la mano per la coscienza”, per indicare l’impegno con gli altri che passa prima da se stessi.
Figurativamente, credo che la mano dell’Europa cercherebbe a vuoto una coscienza, nella “questione migranti”. Non hanno coscienza quei paesi d’Europa che stanno lasciando che il dolore di un popolo in fuga sia gestito soltanto dall’Italia.

Quei 700 morti del canale di Sicilia dovrebbero, almeno, far passare notti insonni al resto d’Europa, sorda a qualunque appello, o richiamo che sia. Vaticano, Nazioni Unite, Quirinale, Palazzo Chigi hanno bussato alla porta di sordi, e l’Italia, unica a “sentire”, annaspa tra una
“missione” e l’altra. Mare Nostrum prima, Triton adesso: cambia il nome ma non la sostanza. La nostra Guardia Costiera, le nostre navi militari sono impegnate allo spasimo nel Mediterraneo.
Soccorsi, identificazioni, controlli sanitari, reperimento centri di accoglienza, mantenimento, trasferimento: il nostro paese si fa in quattro per “fare umanità”. Quella umanità che nessun paese civile dovrebbe eliminare dal proprio “cartello d’impegni costituzionali e istituzionali”.
L’Europa lo fa. Se ne frega di pacati rimproveri, di appelli papali, ma soprattutto se ne frega di chi è disposto anche a morire per venire da noi. Noi Europa.

Uomini, donne, bambini che pagano 1500/2000 euro a testa per essere ammassati in una stiva-carnaio. Tutto per raggiungere la “società civile”. Tutto pur di sottrarsi alla miseria, soprattutto il terrorismo.
E qui è “il cane che si morde la coda”, perchè quel terrorismo dal quale fuggono è lo stesso che viene nutrito dalla loro fuga. Del milione di euro in media che frutta ai trafficanti ogni viaggio della speranza, infatti, buona parte viene distribuita alle bande di miliziani in guerra
fra loro e agli jihadisti.

E intanto, dati alla mano, nel 2014 in Italia sono sbarcati 180mila clandestini, sino a febbraio 2015 il flusso è più che raddoppiato.

E’ ora di tirare i remi in barca. Niente più appelli, tirate d’orecchi, occorre altro. Adesso è tempo di agire. Lo impongono- tralasciando quell’umanità ormai evidentemente ignorata – termini come: politica, economia, società civile.

Come agire, allora? Valutiamo le due azioni “forti” che l’Italia potrebbe attuare. La prima: uscire dall’UE.

“Ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione. Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio europeo. Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio europeo, l’Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l’Unione. L’accordo è negoziato conformemente all’articolo 218, paragrafo 3 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Esso è concluso a nome dell’Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo”.

Ma questo faciliterebbe l’emergenza migranti? Per logica, no.
Verrebbe meno il collante politico, economico e simbolico e, se già adesso sono sordi, in quel caso sarebbero anche muti e ciechi. L’Italia non avrebbe più alcun potere di deliberare, nè decisionale in seno al parlamento europeo.
Inoltre, uscire dall’Unione Europea implicherebbe l’uscita dall’Eurozona. Tutte azioni che, pare ovvio, significhererbbero la morte politica del nostro paese.

Rimane un’altra carta da giocare. La Commissione europea ha il potere di sanzionare gli stati membri inadempienti nella ratifica e nel recepimento delle direttive comunitarie e, una volta aperta una procedura di infrazione formale con un primo preavviso, può decretare l’espulsione dello Stato membro se questo insiste a non volersi adeguare.
In pratica, giocare duro, puntare sulla espulsione dall’UE dei paesi membri che si sottraggono agli obblighi comunitari ( e la questione migranti è un obbligo comunitario) potrebbe rappresentare la svolta.

In assenza di queste due soluzioni, diciamolo apertamente, non ci resta che consentire loro di arrivare in Italia legalmente, attraverso le frontiere, e non con le carrette del mare. Accogliamoli sino in fondo, e non in fondo al mare.

 

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia