Uno scenario surreale, apocalittico. Così è, non appare, il centro Italia devastato da neve e terremoti. Tante, troppe, le precipitazioni nevose che hanno colpito l’area tra Abruzzo e Lazio; tante, troppe, le scosse telluriche, tali da non consentire neanche agli scienziati, i sismologi più esperti di capire cosa sta accadendo in Italia. Sembra una maledizione, una catastrofe che non da’ tregua da anni, e ogni anno peggiora nelle sue mutazioni: alluvioni, terremoti, nevicate.

Terremoti e neve, una combinazione micidiale, è stato definito così l’ultimo flagello che ha colpito il nostro paese. Un binomio che ha ucciso, e dove non ha ucciso ha ridotto in miseria paesi interi. L’ultimo bollettino è gravissimo. Si parla dei 4 morti dell’albergo Rigopiano, a Pescara (numero purtroppo destinato ad aumentare); si parla di 60mila persone costrette al gelo, senza luce da giorni, prigioniere nelle loro case bloccate da muri di neve alti 4 metri; si parla di un’economia distrutta, annullata. Distrutta perché i paesi del centro Italia si stanno spopolando, il commercio locale: la bottega alimentare, la macelleria, la boutique, il parrucchiere calano le saracinesche su paesi semideserti. Niente turismo, poi, dove si muore sotto un tetto che ti crolla addosso o sotto metri di neve.

Ma l’imponderabile può divenire ‘ponderabile’? Sì, almeno in materia di terremoti si può fare. Secondo un sismologo dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), intervenuto ieri al ‘Porta a porta” di Vespa: “esiste la possibilità di realizzare pozzi profondi circa 7 Km, attraverso cui si monitorano le faglie attive e si attua un sistema di prevenzione”. I costi di realizzazione di un pozzo? 10-15 milioni di euro. In pratica, prevenire la catastrofe tellurica si può se il governo sborsa una cinquantina di milioni per posizionare almeno 5 pozzi nelle zone che la mappa di INGV ritiene più a rischio sismico. “Lo sciame tellurico sta scendendo verso sud – è stato detto dagli esperti -. Ma sud o nord che sia, l’Italia si affida al buon Dio, e basta.

Abbiamo una nazione solidale che ha raccolto 28 milioni per le zone terremotate dei mesi scorsi; abbiamo una terra che continua a tremare e a contare vittime; abbiamo un Papa che prega e invita alla solidarietà, ma la CEI (Conferenza Episcopale Italiana) stanzia solo 1 milione di euro dai fondi dell’otto per mille per far fronte alle prime urgenze e ai bisogni essenziali nelle zone terremotate. “Prime urgenze, bisogni essenziali”. Come a dire: “E con questo milioncino abbiamo chiuso con gli aiuti. Fattelo bastare”.

La Chiesa, ricca come nessun altro al mondo, che potrebbe dare ben altro che un milione di euro; che potrebbe aprire le porte di un decimo degli immobili che possiede, ci esorta a pregare per gli sfortunati del momento (che domani potremmo essere tutti noi) e ad aprire, noi sì, i nostri portafogli. Ecco perchè dovremmo pregare sì, non solo Dio ma anche chi lo rappresenta in terra, perché, ad esempio, mano nella mano con il governo, in comunione d’intenti, partecipi alla spesa per realizzare 5-10 pozzi da spalmare su tutto lo stivale, utili a studiare, catalogare, faglie e disastri tellurici a venire. Ma la Chiesa no. La Chiesa prega e dona un milione di euro a quanti hanno perso una vita di affetti e lavoro sotto le macerie. La Chiesa sta comoda e al caldo, tra effluvi d’incenso ed esenzioni di tasse che invece noi che non indossiamo tonache paghiamo sino all’osso. Tutto questo accade nell’Italia cattolica e osservante, dove qualcuno rimane ad osservare, e altri rimangono sotto metri di terra o di neve.

In tutto questo, l’Hotel Rigopiano è scomparso persino da Google dove, ad effettuare una ricerca, la struttura risulta già chiusa definitivamente. Il motore di ricerca, dunque, ha già calato il sipario sulla tragedia con tempestività e obiettivo cinismo, mentre ancora si cercano i dispersi.

Di positivo una sola nota: ci sono eroi che a dispetto di uno spietato motore di ricerca, a dispetto di uomini di preghiera e basta, continuano a sperare e scavano tra la neve. Indossano divise dei Vigili del Fuoco, dell’Esercito. A loro vada il nostro sentito grazie.

 Patrizia Vita
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