Ha spento 90 candeline il 4 aprile e da 15 anni non perde una domenica al Summano, raggiunto rigorosamente in solitudine e a piedi da Santorso, con il sole, la neve, il bello ed il cattivo tempo.

Adriano Pasin, classe 1928, delle sue performance sportive tiene il numero conservando le ricevute dei pranzi alla baita ‘Genzianella’, vicina al santuario di Santorso, ad un passo dalla vetta. Sono ormai così numerose, oltre 700, che l’anziano e pacato camminatore solitario non le conta più in numero, ma in peso. ‘Sono 5 etti e mezzo – scherza – e le tengo impacchettate, così le vedono i miei nipoti’. Quando qualcuno gli chiede perché porta a casa questo piccolo trofeo per loro, risponde semplicemente: ‘Per ricordare loro cosa significa la fatica, e che la vita non è facile’.

adriano pasin marzo 2018

L’arzillo vecchietto parte da Vicenza, in zona Santa Croce, ogni domenica mattina con l’automobile, parcheggia al Colletto di Velo e sale verso la vetta, abbracciando i suoi due zaini, uno per il cambio scarpe (perché non si entra in baita con le scarpe sporche) ed il cappello di panno verde. Dentro l’altro zaino tiene l’immancabile formaggiera, con la quale si fa notare ‘rinforzando’ la dose di formaggio sulla pastasciutta o sul minestrone, tanto che alcuni hanno preso a chiamarlo per scherzo ‘Monte Bianco’. Cammina lentamente, saluta tutti con garbo ma le donne in particolare ama salutarle con un baciamano, alla moda del suo tempo.

Gli vengono ancora le lacrime agli occhi quando parla della guerra. ‘Mi ricordo i soldati, dentro i vagoni del treno, che venivano deportati. Mi ricordo una fucilazione di soldati in fila davanti ai miei occhi’. Dopo la guerra gestisce una florida ditta di trasporti in società con un amico. Ha sorelle e nipoti, ma non si è mai sposato. ‘Sono stato birichino – scherza, ma forse nemmeno troppo – e non ho mai sentito la necessità di sposarmi, ma del male non ne ho fatto mai. Ho avuto molte ‘morose’, ci siamo tanto divertiti. Amo da sempre la montagna, ho fatto un sacco di escursioni nei posti più belli delle Dolomiti. Anche per questo ho avuto poco tempo per andare a messa – ride – ma a Natale e a Pasqua me ne sto tutto il giorno al santuario di Monte Berico a Vicenza, così faccio patta con il resto dell’anno’.

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Si capisce che il Summano è, in un certo senso, il suo testamento alla montagna. Gli ha dedicato gli ultimi anni della sua vita con grande tenacia e ininterrotta semplicità, cappello in testa e formaggiera dentro lo zaino.

‘L’anno prossimo devo rinnovare la patente e non so se me la ridaranno, forse regalerò la mia automobile a una delle mie sorelle – confida con un po’ di tristezza – e poi mi aspetterà San Giovanni, cioè la fine’, alludendo alla casa di riposo. Poi nota una nuova signora, e le si avvicina, inesorabile, per il baciamano.

 

Marta Boriero

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