Astici vivi, con le chele legate e adagiati sul ghiaccio ad attendere che qualcuno decida di mangiarseli. Davanti ad una scena abituale, ma che in questo caso è stata definita “una barbarie”, è scattata la denuncia della Lav ad un ristorante di Schio.

Un caso come tanti, che in altre occasioni era già rimbalzato agli onori della cronaca, quando altri attivisti avevano deciso di denunciare casi simili di maltrattamento di animali, tirando in ballo anche supermercati e alimentari dove i crostacei sono mesi in vendita sui banconi, tenuti a bassa temperatura grazie al contatto con il ghiaccio e con le chele legate per impedirne il movimento.

Nel caso specifico di Schio, un paio di settimane fa, la Lav ha chiesto l’intervento dell’autorità sanitaria competente perché la presenza di astici vivi, che si muovevano lentamente in attesa della morte, appoggiati ad una superficie gelida, ha turbato chi considera gli animali esseri viventi che meritano rispetto. Ma quando i veterinari sono arrivati sul posto però, degli astici e di altri crostacei non c’era più traccia e non ci è dato sapere quindi come sia proseguita la vicenda.

Di certo, ha scoperchiato un vero e proprio ‘dilemma’ in campo giuridico, perché pare che in questo caso, la discrezione se far rientrare il reato il ambito penale o assolverlo, sia solo ed esclusivamente a discrezione del giudice.

Il 16 giugno scorso infatti, è stata pubblicata una sentenza del tribunale di Firenze, con la quale un giudice ha stabilito che tenere nel frigorifero di un ristorante un crostaceo vivo e con le chele legate, è un reato penale.

In quel caso, il ristorante ritenuto colpevole del reato, è stato costretto a risarcire la Lav (costituitasi parte civile nel processo). Secondo i giudici, le prescrizioni dei regolamenti di igiene e sicurezza alimentare europei ed internazionali non erano ritenuti validi: si aveva a che fare comunque “con degli animali e in quanto tali, alla stregua di qualsiasi altro animale domestico, come ad esempio un cavallo, non è consentito in alcun modo che siano mantenuti con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura e abituati dunque a vivere in acque marine temperate”.

A nulla erano valse le argomentazioni dei titolari del ristorante, i quali avevano spiegato di rispettare in tutto e per tutto le norme di conservazione degli alimenti vivi da immettere nel mercato.

Gli astici (nello specifico) infatti, arrivano dagli Stati Uniti all’interno di scatole di polistirolo riempite di ghiaccio. Viaggiano al buio e una volta arrivati alla dogana Italia, è il Ministero stesso che certifica la corretta importazione, sia dal punto di vista burocratico che dell’integrità del pesce, che in quel caso viene considerato un ‘alimento vivo’.

Due visioni agli antipodi. Da una parte la convinzione di importare un ‘alimento vivo’ nel modo corretto e dall’altra la sicurezza di arrecare sofferenza ad un ‘animale vivo’.

Nel caso del ristorante toscano una multa da 5mila euro, nel caso di Schio pare che la denuncia non abbia avuto seguito. A livello nazionale comunque, sono molti i ristoratori e gli esercenti che hanno chiesto chiarimenti in merito alla legge, in quanto nell’eventuale ‘reato’ non rientrerebbero solo gli astici, ma crostacei in generale e anche le ostriche, i ricci marini e altri molluschi.

Anna Bianchini

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