Il lento rintocco delle campane della chiesa Arcipretale di Calvene hanno suonato per la sesta volta in questo mese di gennaio. Per un paese piccolo di poco più di 1300 abitanti, abbarbicati ai piedi dei monti, ogni morte è un impoverimento, un sentirsi "svuotare". Ancor più quando la morte avviene nella solitudine come nel caso di Cecilia De Pretto, 64 anni,  trovata morta nel bagno di casa nel tardo pomeriggio di martedì. La donna, nativa di Piovene Rocchette, ma da una vita residente in paese, dapprima in via Bissoli, e, poi, da circa vent'anni, dopo l'improvvisa morte del marito Gianfranco Cappozzo ("Broca") in viale Divisione Julia, ai confini con Caltrano, probabilmente era già cadavere da due-tre giorni. Le luci spente da qualche sera sono state un campanello d'allarme e il peggio che si temeva ieri sera è diventato triste realtà. Saranno le indagini a far chiarezza su questa vicenda dai contorni molto tristi. In paese stamattina non si parlava d'altro e la morte di Cecilia ha creato sconcerto misto a pietà per un caso già seguito e conosciuto dal Comune e dai servizi sociali. Un dramma della solitudine vissuto sulla pelle di Cecilia che, Papa Francesco, non esiterebbe a chiamare, a tutti gli effetti, "donna di periferia". Una periferia che è tipica delle grandi città ma che, purtroppo, sempre più spesso, sostituisce il più caloroso termine "contrada" anche nei piccoli paesi. Aveva proprio ragione Antoine De Saint-Exupery nel suo capolavoro "Il piccolo principe": "Si può essere soli nel deserto, ma si può essere soli anche tra gli uomini". 
Addio, Cecilia, donna di periferia.

Sandro Pozza
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