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Carcerati ‘in casa loro’, ma in Italia non è possibile

Carcerati rimpatriati e mantenuti nelle carceri locali. Il modello inglese ispira l’Italia, ma pare che nel Bel Paese il nuovo format britannico non riesca a trovare applicazione.

Risparmiare 40mila euro a detenuto imprigionando i detenuti nigeriani a casa loro. L’idea è venuta al governo britannico, che ha deciso di usare i fondi per contrastare l’immigrazione illegale per costruire carceri in Nigeria.

Si svuoteranno quindi le carceri inglesi, i cui detenuti saranno spostati nell’ala di una prigione costruita a Lagos, rimpatriati a tutti gli effetti e, come riporta ‘Il Giornale’, l’obiettivo è rispedire nella loro patria i 270 condannati detenuti nelle carceri britanniche.

788mila euro è l’investimento, che permetterà però di risparmiare 40mila euro a carcerato, garantendo loro di vivere in un carcere che rispetta le condizioni di vivibilità previste dalle Nazioni Unite, che sono molto diverse da quelle nigeriane.

Boris Johnson, ministro degli Esteri inglese, ha sottolineato che aiutare la Nigeria a migliorare le condizioni penitenziarie permetterà di trasferire un maggiore numero di detenuti nigeriani liberando posti nelle carceri del Regno Unito”. Ma non è solo dei detenuti nigeriani che si è occupato il Parlamento inglese, infatti la Gran Bretagna ha chiuso accordi per il trasferimento dei detenuti anche con Albania, Ruanda, Giamaica e Libia.

In Italia, i detenuto stranieri sono 1 su 3. Ma marocchini, nigeriani, tunisini, albanesi e romeni considerano il Belpaese un ‘paradiso penale’, come ha denunciato a fine gennaio il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Bologna, Ignazio De Francisci. E pertanto si guardano bene dal voler far ritorno in patria per trascorrere il resto della pena nella patrie galere. Le 190 carceri italiane ospitano 57.068 detenuti, 19.745 dei quali sono stranieri. Applicare il sistema inglese in Italia significherebbe ridurre i costi e liberare le celle, che sono sempre sovraffollate.

“Il sovraffollamento delle nostre carceri è figlio della presenza di detenuti stranieri, che potrebbero scontare la pena nei loro paesi di origine – ha dichiarato l’anno scorso Santi Consolo, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – L’Italia ha già mosso i prima passi con l’Algeria, ma si punta anche sul Marocco e la Tunisia. I marocchini in carcere sono 3703 seguiti da romeni e albanesi. Poi ci sono i tunisini (2112) ed i nigeriani (1125), quasi quattro volte i numeri inglesi”.

La giurisprudenza italiana però sembra non favorire il modello inglese. Il procuratore a Bologna Ignazio De Francisci ha spiegato: “Si asseconda la preferenza degli stranieri per le carceri italiane anche quando non ve ne sarebbero i presupposti”. Ma gli ostacoli di mandare i detenuti in carcere ‘a casa loro’ sono anche altri. Come riposta Il Giornale, paesi come la Tunisia tendono a non riconoscere il criminale che dovrebbe venire espulso. Così il condannato sconta la pena, a carico del contribuente, con tutti i benefici di legge previsti in Italia ben superiori a quelli della sua nazione d’origine. La Romania non risponde sulle condizioni delle loro carceri. Il risultato è che il delinquente romeno resta in cella in Italia o viene liberato perché a casa sua non vengono rispettati gli standard penitenziari previsti da Bruxelles.

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