Nei guai chi non versa l’assegno di mantenimento (o lo versa parzialmente) a seguito di separazione, divorzio e nullità del matrimonio. È questa la grande novità legislativa che sta già creando polemiche tra gli addetti ai lavori e tra la gente. Ormai sui social ci sono già tantissimi commenti e critiche nei confronti del legislatore per tale nuova fattispecie criminosa. Ma era prevedibile.

Fino ad oggi esisteva soltanto il reato di cui all’art. 570 del codice penale che così recita:“Violazione degli obblighi di assistenza familiare. Chiunque abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, o alla qualità di coniuge , è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103,00 a euro 1032,00. Le dette pene si applicano congiuntamente a chi : 1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del coniuge; 2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa. Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma. Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge.”

Adesso, con l’introduzione della nuova norma (decreto 21/2018) si chiariscono meglio alcuni aspetti che fino ad oggi erano assolutamente generici. Si ritiene che attraverso tale novità, il legislatore abbia inteso rafforzare principi e norme già sanciti dal codice civile (ex artt. 143, 146 147 c.c. e art. 12 sexies L. 898/1970 e art. 3 L. 54/2006) che fanno riferimento all’obbligo dei genitori di provvedere al mantenimento dei figli e all’obbligo del coniuge separato/divorziato di provvedere al mantenimento del coniuge economicamente più debole, laddove disposto un assegno.

La norma di cui all’art. 570 c.p. non faceva espresso riferimento alle situazioni in cui i coniugi si erano separati o avevano divorziato o avevano ottenuto la dichiarazione di nullità del matrimonio.

Era una norma imprecisa che faceva intendere che l’obbligo al mantenimento dei figli e del coniuge riguardava la fase precedente alla separazione, al divorzio o alla dichiarazione di nullità del matrimonio. I giudici hanno dovuto interpretare più che applicare tale norma nei casi di disgregazione del sodalizio familiare. Ciò determinava dubbi e incertezze sull’ applicare l’art. 570 c.p. anche dopo la fine del matrimonio.

Inoltre, la condizione necessaria affinché il reato si consumasse era la accertata condizione di difficoltà economica del coniuge e dei figli. Pertanto, se l’altro coniuge ed i figli vivevano in condizioni economiche sufficienti al proprio sostentamento non si configurava il reato.

Con l’art. 570 bis del codice penale non è più così.

Chi non paga l’assegno per il coniuge ed i figli sarà condannato, a prescindere dalle condizioni economiche dell’avente diritto. Non è chiaro se tale norma si applichi anche nei confronti di chi omette di pagare le spese straordinarie occorrenti per i figli (medico specialistiche, scolastiche, ludiche, ricreative e sportive). Ma dal testo letterale appare di si. Ed è espressamente chiarito che l’obbligo a mantenere la famiglia riguarda anche la fase successiva alla separazione, al divorzio e alla nullità del matrimonio. Da oggi, 6 aprile 2018, non ci saranno più dubbi e incertezze.

Anche per i figli nati fuori dal matrimonio vigono i medesimi principi penalistici in caso di fine della convivenza. Per i conviventi more uxorio che hanno stipulato contratti di convivenza (che prevedono assegni di mantenimento in caso di cessazione della convivenza stessa) dovrebbe essere applicato l’art. 570 bis del codice penale ai sensi della L. 76/2016. E tale tutela vale anche per i figli maggiorenni.

Tuttavia resta sempre in piedi l’accertamento del dolo del reato che è principio cardine del diritto penale. In caso di disoccupazione e malattia di chi è obbligato a pagare l’assegno, il reato non sussiste ma bisogna provarlo. Sarebbe grave se così non fosse.

Le pene previste dall’art. 570 bis c.p. sono le stesse dell’art. 570 c.p., ossia è prevista una condanna alla reclusione fino ad un anno con la multa da euro 103,00 ad euro 1.032,00.

Attenzione ai recidivi. Chi dovesse commettere in momenti diversi lo stesso reato rischierebbe di andare in galera, non potendo beneficiare in eterno della sospensione condizionale della pena.

a cura dell’ Avv. Gian Ettore Gassani

Presidente Nazionale AMI

 

 

 

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia