di Patrizia Vita

“Perfettibile”, eccone la definizione: “che può perfezionarsi o può essere perfezionato“. Ecco come il cardinale Ennio Antonelli, in prossimità del sinodo sulla famiglia definisce l’attuale divieto, imposto dalla Chiesa, di prendere l’eucarestia a chi a nozze ci è andato per la seconda volta.

Una di troppo, per il Vaticano che, sin qui, impedisce l’assunzione dell’ostia consacrata a chi ha peccato di divorzio.

Ma c’è sempre un’apertura, anche nelle più serrate chiusure, e stavolta si chiama “perfettibilità”. In pratica, in vista dell’assemblea consultiva del Papa che discute i tempi più importanti in tema di famiglia, il cardinale Antonelli dà la bella notizia che “non tutto è perduto” per il peccatore che ha fatto cilecca al primo sì e con tenacia ci ha ritentato: l’eucarestìa non gli sarà negata a un patto: che con il secondo coniuge vivano in assoluta castità. Niente sesso, dunque, se, divorziato, vuoi metterti in fila in chiesa per ricevere l’ostia; niente sesso per i conviventi che – lo dice il cardinale – “sono davvero decisi a salire verso la vetta della montagna, che per essi è la perfetta continenza sessuale”.

Non si è capito bene? Basta acquistare il libro “Crisi del matrimonio ed eucarestia”, laddove nero su bianco l’ex presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia spiegherà ai “disposti alla rinuncia del piacer carnale in terra” che la Chiesa è disposta a chiudere un occhio sul doppio sì purchè sia seguito dal no tra le lenzuola.

E’ questa la “perfettibilità” di una prassi che ostacola il godimento del beneficio dell’eucarestìa. E’ questa l’imperfettibilità di una Chiesa che invece di avvicinare le coppie, di primo o secondo letto che siano, alla casa del Signore, le allontana.

Infine, rimane da porre un interrogativo all’importante prelato: ma i divorziati non risposati che fanno sesso comunque, ovunque e, se col vizietto, con chiunque, sono in odor di santità o vanno direttamente all’inferno senza passare dal purgatorio?

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