La percentuale di parti  con taglio cesareo non dovrebbe superare il 10-15%, eppure in molte aree del mondo, in particolare in Europa e nelle Americhe, viene eseguito quando non necessario, con tassi che arrivano a superare il 35%. Per questo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha pubblicato un nuovo documento in cui raccomanda di ricorrervi solo quando non si può farne a meno e invita tutti gli Stati ad adottare un sistema nuovo di classificazione standard.

Il taglio cesareo va fatto solo quando il parto naturale mette in pericolo la madre o il bambino, ad esempio dopo un travaglio prolungato, stress fetale o perchè il bambino si presenta in una posizione anomala, perchè può causare delle complicazioni, disabilità o morte, soprattutto laddove mancano le strutture per poter fare degli interventi chirurgici sicuri o trattare potenziali complicazioni. Il tasso ideale di cesarei dovrebbe quindi attestarsi tra il 10 e 15%, spiega l’Oms, e nuovi studi mostrano che quando si arriva a farlo nel 10% dei casi, il numero di morti materne e neonatali cala. Ma quando si
supera il 10%, non ci sono invece prove che la mortalità migliori.

I dati Oms sull’uso del cesareo nel 2008 nel mondo mostrano che è stato eseguito in media nel 3,8% dei casi in Africa, nell’8,8% nel Sud-est asiatico, nel 15,7% nel Mediterraneo orientale, nel 23% dei casi in Europa, nel 24,1% nel Pacifico occidentale, e nel 35,6% nelle Americhe, con una media globale del 15,6%.

Vista la mancanza di un sistema di classificazione standard a livello internazionale per monitorare e confrontare i tassi di cesareo, l’Oms propone di adottare a livello globale il sistema di classificazione Robson, con cui le donne ricoverate per partorire vengono suddivise in 10 gruppi a seconda di categorie facilmente identificabili, come il numero di parti precedenti, se il bambino è in posizione normale, la settimana di gestazione, precedenti cicatrici uterine, il numero di bambini e come è iniziato il travaglio.

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