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Da Malo a Londra per realizzare i suoi sogni. Daniele Mercante afferma il suo talento all’estero

In un periodo storico in cui si parla tanto di immigrazione, c’è chi parte dal paese di Malo e decide di trasferirsi all’estero, sposarsi, e raggiungere i proprio obbiettivi personali e professionali. Parlo di Daniele Mercante, un nome che ai più magari potrà essere sconosciuto, ma che rappresenta un eccellenza italiana all’estero. Nato a Malo nel 1972, laurea alla Bocconi, prestigiosi ruoli nel management di varie multinazionali europee. Sposato con una ragazza giapponese (Mika Horie), ha due figli (Alessandro e Daiki) e ha trasferito la sua famiglia in vari stati europei.

Daniele, da Malo a Londra è un bel salto… Come è avvenuto?
Come spesso succede nei lunghi viaggi ci sono state parecchie tappe intermedie. Le prime tappe sono state Milano, dove ho frequentato l’università, e poi Toronto dove sono andato per migliorare l’Inglese.
Ho iniziato a lavorare a Milano alla Mondadori, ma dopo l’esperienza positiva in Canada ho sempre tenuto gli occhi aperti per cogliere qualsiasi opportunità di trasferimento all’estero.
La prima offerta valida ricevuta l’ho prontamente accettata e mi sono trasferito a Duesseldorf per 4 anni, poi a Stoccolma per 5 dove ho lavorato per Tele2. E adesso a Londra da 6 anni, tre lavorando come manager per la 3 (UK), e tre come manager per Thomas Cook. Quindi in realtà il viaggio è stato Malo, Milano, Toronto, Milano, Dusseldorf, Stoccolma e Londra.

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Come si vive a Londra attualmente?
Londra e’ una città molto aperta che ti può dare tantissime opportunità ma anche sbatterti la porta in faccia in qualsiasi momento. Il cambiamento qui è molto veloce, di conseguenza le “redundancies” (licenziamenti) sono all’ordine del giorno. Da un punto di vista sociale invece, basta prendere la metro a Londra per rendersi conto di quante nazionalità diverse convivano fianco a fianco, ogni giorno e senza alcun problema.
Londra è una finestra con vista sul mondo, anche se attualmente pesa molto il processo della Brexit. Di colpo la città che stava volando verso un processo di integrazione totale, è stata riportata a terra, e il suo destino ora è legato ai problemi del Regno Unito. C’è parecchio timore perché Londra rischia di perdere il suo ruolo di protagonista nello scenario internazionale.

Di cosa ti occupi? Qual è stato il tuo percorso professionale? Come hai raggiunto l’attuale successo?

All’università mi sono specializzato in statistica ed econometria per cui il mio background è analitico.
Mi sono sempre occupato di CRM (Customer Relationship Management) dove l’analisi dei dati è il fondamento su cui basare le decisioni strategiche di marketing. Ho gestito la base clienti nel mondo dell’editoria, delle telecomunicazioni e del turismo per le più importanti multinazionali del settore.
Attualmente mi sto occupando di un progetto molto importante a livello Europeo per la digitalizzazione completa dell’azienda per cui lavoro. Questo processo è molto importante in quanto trasformerà l’azienda rendendola più agile ma anche attenta ai propri clienti, portando in generale più produttività. E’ un passaggio strategico, che ci permetterà di essere al passo con il mondo che è avviato verso la totale digitalizzazione in tempi molto brevi.

Come ricordi il tuo paese? Come lo trovi quando torni a trovare la tua famiglia?
I ricordi sono ovviamente bellissimi, legati a quando ero bambino e adolescente. Mi ricordo i compagni di scuola e le avventure spensierate con la mia compagnia di Malo. Quando torno mi rendo conto di quanto sia bello l’alto Vicentino, non riesco a staccare gli occhi dal magnetico monte Pasubio.
Allo stesso tempo però mi sento sempre più estraneo. Quando faccio quattro passi in centro a Malo non riconosco più le persone, mentre una volta conoscevo tutti.
La cosa che mi rende un po’ triste è che i miei ricordi di Malo sono quelli di un paese di provincia dove la vita era molto semplice, alla mano e con un clima sereno. Ho l’impressione che adesso la vita anche in una cittadina come Malo sia diventata molto più complicata e ci siano molte più tensioni, molto più nervosismo. Sembra quasi che le persone abbiano perso la gioia e la serenità di vivere in un posto così bello. Probabilmente comunque non è stata Malo a cambiare, ma sono io che la vedo con occhi diversi.

 

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Ha raccontato che hai vissuto in vari stati europei. Che differenze ha trovato nelle varie culture? E’ stato facile integrarsi ?
Le mie esperienze sono in gran parte legate alle aziende dove ho lavorato e in quel contesto ho sempre trovato molto semplice integrarmi. Ho sempre cercato di tutelare la mia famiglia, e per questo i processi di inserimento sono sempre stati molto complessi.
Secondo la mia esperienza l’integrazione non è un qualcosa che un paese dona a chi arriva, è un qualcosa che chi arriva si deve guadagnare umilmente e con pazienza. Ho sempre cercato di capire usi e costumi del paese dove abitavo e di adeguarmi alle usanze della vita locale.

Ha due splendidi figli ormai adolescenti. Cosa racconta loro del tuo paese?
Onestamente non tantissimo. Per quanto io viaggi o lavori in paesi diversi, fondamentalmente mi sento orgogliosamente Italiano e Maladense. I valori che custodisco in me li ho acquisiti durante la mia infanzia e gli studi in Italia. Per i miei figli penso sia importante che costruiscano la LORO scala di valori tramite le esperienze che fanno e faranno. Al momento penso che loro sentano di essere dei ragazzi inglesi visto che frequentano la scuola inglese e vivono a Londra. Quello che conta per me è che siano orgogliosi di essere in parte anche Italiani (la mamma è Giapponese).

Cosa consiglierebbe ad un vicentino che avesse intenzione di trasferirsi all’estero per poter lavorare? Quali paesi gli raccomanderebbe  e perché ?
Sicuramente mi sentirei di suggerire a chiunque di lavorare all’estero se possibile. L’esperienza è molto formativa sia a livello di curriculum che di crescita personale. Il consiglio più importante è quello di trasferirsi sapendo che ci si dovrà adattare e si dovrà cambiare il proprio stile di vita. Non si può pretendere di giudicare il paese straniero ospitante in base a come si viveva in Italia, non ci si può lamentare delle abitudini che vengono a mancare, in quanto si è partiti per vivere meglio e in maniera diversa. La concentrazione si deve spostare su ciò che si trova e non su ciò che può mancare. È un processo mentale che sembra complicato, ma che è alla base di una “compensazione positiva” che permette di pareggiare ciò che si perde inevitabilmente per strada.
Se parliamo di nazioni, suggerirei la Svezia, in quanto c’è un grandissimo rispetto verso gli individui, che vengono trattati con una uguaglianza non riscontrabile in altre zone. Dal punto di vista lavorativo e soprattutto per la possibilità di carriera suggerirei l’Inghilterra e in particolare Londra.
Qui ci sono moltissime opportunità di lavoro e gli ambienti lavorativi sono molto aperti, favoriscono le diversità e in particolar modo vengono premiati merito ed impegno. L’unico grosso punto interrogativo riguardante l’Inghilterra attualmente è legato allo sviluppo della Brexit, in quanto non è chiaro a nessuno cosa possa portare in futuro, e questo clima di incertezza non aiuta il mondo del lavoro.

Ha una moglie giapponese  e ha visitato anche il paese del Sol Levante. È così lontano, anche culturalmente?
I valori umani sono fondamentalmente gli stessi in tutto il mondo, sia in positivo che purtroppo in negativo. La cosa che adoro del Giappone è il rispetto del prossimo, l’umiltà delle persone nel pensare prima agli altri che a se stessi. La crescita collettiva si ottiene tramite il sacrificio individuale. Tutti sanno che come singolo cittadino e in quanto parte di un insieme più complesso chiamato società, ciascuno ha diritti e doveri, ma rispettare i doveri è il modo di meritarsi i diritti. Penso questa sia la differenza principale dall’Italia, dove per prima cosa arrivano i diritti e poi si pensa ai doveri.

Lavorativamente parlando ha costruito la tua carriera all’estero. Rimpianti? Cosa ha trovato di difficile nel lavorare ad esempio a Londra? Cosa soprattutto ha trovato di positivo rispetto al mercato del lavoro italiano?
Sono convinto di essere riuscito a crescere molto, sia professionalmente che personalmente, proprio per essere andato all’estero. Da un punto di vista lavorativo, è importante avere culture e punti di vista diversi, perché se tutti pensassero allo stesso modo, nessuno si accorgerebbe delle opportunità che si stanno presentando. Le aziende che sono riuscite a gestire al meglio la diversità, hanno ricevuto in cambio un plus qualitativo. Ovunque io abbia lavorato i dirigenti hanno sempre valutato le persone in base ai risultati ottenuti e al loro comportamento, secondo modelli meritocratici.
Devo anche sottolineare che sono stato aiutato dai valori che i miei genitori mi hanno insegnato durante la mia infanzia a Malo, in primis l’educazione e il rispetto, e poi la capacità di trovare i miei punti deboli e migliorarli, alzando l’asticella dei risultati a cui aspirare senza aver paura di fallire.
Lavorare a Londra e in un contesto altamente competitivo non è assolutamente facile. Pensiamo anche solo ai trasporti : ogni giorno impiego più di tre ore per andare e tornare dall’ufficio, con notevoli difficoltà specie nelle ore di punta, partendo alle 5,15 e tornando alle 21.
Il lavoro poi procede a velocità incredibili, costantemente sotto pressione, il mercato cambia molto velocemente e bisogna essere pronti ad adattarsi a nuove situazioni. Il tutto condito da aspettative sempre più alte e budget di spesa sempre più bassi. Bisogna abituarsi a lavorare ad elevati livelli di stress cercando di minimizzarne l’impatto sulla propria vita privata e soprattutto stando attenti a non fare errori e compromettere il futuro lavorativo. Ma sono sfide appassionanti, che ti riempiono la vita.

Aveva un sogno da bambino? Avrebbe  mai immaginato a Londra a dirigere una multinazionale?
Sono sempre stato curioso fin da bambino. Mi piaceva un sacco studiare ed imparare cose nuove, però non pensavo a Londra e a lavorare per delle aziende così grandi. Da bimbo aspiravo a diventare un cantante, o un cuoco famoso.
I sogni cambiano con il tempo e ne ho ancora parecchi da realizzare. Penso sia molto importante continuare a sognare, fissarsi degli obiettivi e cercare sempre di migliorarsi. Penso questo sia il modo migliore per dare a se stessi l’opportunità di realizzarsi.
I periodi più’ difficili della mia vita sono stati quelli in cui ero a corto di sogni.

Pier Daniele Dalle Rive

 

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