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Carenza medici in Veneto:” Interi paesi scoperti, siamo in mezzo ad una tempesta sanitaria”

“Siamo l’ultima regione per borse di formazione”.

Il 62,8% dei medici di medicina generale del Veneto ha più di 55 anni e il 22% ha addirittura più di 65 anni. Ciò nonostante, il Veneto è l’ultima Regione in Italia per numero di borse per la formazione di medici di medicina generale ogni 1.000 abitanti. Sono i dati presentati oggi dal gruppo del Partito democratico in Consiglio regionale Veneto, elaborati da Stefano Dal Pra Caputo & Francesco Peron. Non sono dati nuovi, ma per la prima volta sono messi a sistema, spiega il capogruppo dem Giacomo Possamai, anticipando che oltre alla conferenza stampa odierna, i democratici prevedono di farne a breve un’altra in cui presenteranno le loro proposte. Tornando ai dati, la relazione presentata oggi stima che tra il 2021 e il 2025 andranno in pensione 1.921 medici di medicina generale dei 2.973 oggi in servizio. Il picco, e questo è un dato rilevante, sarà raggiunto già l’anno prossimo, con 184 pensionandi nel 2023 e 179 pensionandi nel 2024. Dopodiché ci saranno comunque oltre 130 pensionandi l’anno fino al 2030. “Siamo davanti alla tempesta perfetta”, commenta Possamai. E se la situazione non sembra rosea a livello regionale, le cose vanno ancora peggio se si fa riferimento ad alcuni specifici territori. La provincia di Rovigo, ad esempio, vedrà i 23% dei medici attualmente in servizio andare in pensione già prima della fine del prossimo anno. Del resto proprio a Rovigo il 31,1% dei medici di medicina generale ha oltre 65 anni, mentre gli over 55 sono il 72,6%. E a Belluno, dove si fatica a trovare personale sanitario, il 26,6% dei medici di medicina generale ha oltre 65 anni.

Tutti questi pensionamenti imminenti vanno poi a inserirsi in un contesto già complicato, che vede 670 zone carenti, ovvero scoperte dal medico di medicina generale che invece servirebbe. A fronte di questo “nei tre anni di formazione in medicina generale abbiamo 612 iscritti” e va considerato che “il 50% degli iscritti una volta terminata la formazione non accetta la convenzione perché non è attrattiva”, e questo vuol dire che “i nuovi formati non basteranno a colmare neanche le attuali carenze, altro che i nuovi pensionamenti”, afferma Anna Maria Bigon, vice presidente della commissione Sanità del Consiglio regionale. Le borse di formazione messe a bando dal 214 ad oggi in Veneto sono poi appena 810, ovvero 0,17 ogni 10.000 abitanti. E se si potrebbe obiettare che la situazione non dipende solo dalla Regione ma anche dalla programmazione nazionale, “ricordo che il Veneto ha guidato per tanti anni la Sanità in Conferenza Stato Regioni, quindi ha una responsabilità anche nei confronti dello Stato e delle altre Regioni perché la programmazione è stata evidentemente sbagliata”. Tutto ciò, attacca il consigliere Jonatan Montanariello, “non deve stupire, visto che non sono informazioni riservate che esponenti della Lega pensano che il medico di medicina generale non serva, perché basta cercare su Google… Questi numeri sono frutto delle scelte politiche fatte dalla Lega negli ultimi 25 anni”. Al di là di queste riflessioni, il rischio, se non si corre subito ai ripari, è “che succeda quello che sta avvenendo in provincia di Treviso, con i medici privati che fanno pagare visite e ricette”, conclude Bigon.

La replica di Lanzarin: “E’ un problema nazionale”

“Premesso che tutte le ricerche meritano rispetto, il Partito democratico può commissionarne quante ne vuole, ma non cambierà la realtà dei fatti, e cioè che la carenza di medici è un problema di livello nazionale, che andava e andrà risolto a livello governativo”. Così l’assessore regionale alla Sanità, Manuela Lanzarin, ribatte alla ricerca sulla carenza dei medici di medicina generale presentata oggi dai consiglieri regionali del Partito democratico. “La Regione ha fatto, fa e farà tutto quanto è nelle sue possibilità”, assicura Lanzarin. “Un dato di fatto su tutti: attualmente i medici di medicina generale in servizio sono 2.875: i pensionamenti previsti tra il 2023 e il 2025 sono 462, contro 700 giovani medici che diplomeranno nello stesso periodo. Non userei termini catastrofistici come tempesta perfetta”, prosegue Lanzarin, mettendo sul piatto numeri vicini, ma non uguali, a quelli presentati oggi dai dem. “Al Pd ricordo che per esempio è rimasta lettera morta nei cassetti del ministro Speranza anche una nota che il Coordinatore della Commissione Salute ha indirizzato al ministro della Salute e al ministro dell’Economia e della Finanze contenente un documento (approvato da tutte le Regioni) con una serie di proposte di misure legislative urgenti ed indifferibili necessarie per affrontare le criticità in questione. Buio pesto”, contrattacca l’assessore.

“Quanto ai medici di medicina generale, i veri numeri dicono che nel 2025 in Veneto ci saranno 700 medici in più. Si è infatti aperto il 9 maggio il 27esimo Corso Triennio Formativo 2021-2024 in Medicina generale al quale partecipano circa 370 medici che si diplomeranno all’inizio del 2025. Il Corso è organizzato dalla Fondazione Scuola di Sanità Pubblica della Regione e si affianca agli altri due corsi già attivati: il XV che si concluderà a settembre 2023, con la consegna del diploma a 206 nuovi medici di medicina generale, e il XVI nel luglio 2024 con altri 120 diplomati”, torna a snocciolare Lanzarin. “La Regione sta investendo in formazione per consentire al Sistema Sanitario Regionale di contare su un numero adeguato di professionisti, preparati e pronti ad entrare nella rete. È uno sforzo che vede impegnata nei Corsi di formazione la Fondazione Scuola di Sanità Pubblica affiancata dalla Regione. Abbiamo ben chiaro quanto sia importante impegnarci nel garantire il fabbisogno di camici bianchi secondo quelle che sono le esigenze del sistema, ma tocchiamo giornalmente con mano quanto questo sia complesso. Purtroppo il numero di laureati in Medicina non è congruo a quelle che sono le necessità, e questo non dipende da una scelta regionale. Il nostro compito è quello di fornire a chi diventa medico un percorso professionalizzante, che abbia al centro l’umanizzazione delle cure e il rapporto con l’assistito e che sia sempre al passo con quelle che sono le richieste”, conclude.

 

 

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