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Corto circuito vaccini: quando le istituzioni fanno il gioco delle tre scimmie

di Anna Bianchini

Un corto circuito del genere non si era mai visto. Eppure, che alla fine ci dovesse essere una chiamata di massa al vaccino era stato chiaro fin da subito. Cioè fin da quando Pfizer, ad ottobre del 2020, annunciò l’efficacia del suo farmaco anti covid.

“Se vogliamo vaccinare e farlo in fretta dobbiamo sopportare le attese”. Parola del governatore Luca Zaia, che non parla mai a caso, sa dosare le parole e infatti, nel pronunciare parole riferite agli ammassamenti di persone di tutte le età in attesa dell’iniezione ha tralasciato tre parole chiave: “e le code”.

Anche il nostro ‘tralasciato’ non è usato a caso, consapevoli che il ‘doge’ sa benissimo che le attese sono causate da centinaia di persone in fila, ammassate, vicine vicine, altro che due metri di distanziamento fisico predicato da oltre un anno e necessario per il non diffondersi del virus.

Il corto circuito, che coinvolge Luca Zaia, ma anche direzioni delle aziende sanitarie, sindaci, forze dell’ordine e perfino il personale sanitario, è tutto lì, in quelle tre parole non pronunciate, ma che prendono vita in ogni punto vaccini, dove l’ordine ed il distanziamento fisico sono sostituiti da assembramenti e caos. E dove il coronavirus potrebbe tornare a riprendere ancora più vigore.

Il tutto in piena zona, rossa, con i contagi in crescita, che magari calano due giorni poi tornano su, senza pietà, bloccando gli interventi negli ospedali e negli ambulatori, tenendo attività commerciali chiuse, mettendo alla fame intere famiglie, facendo perdere posti di lavoro.

“Vediamo gli assembramenti, ci sono le carrozzine”, ha sottolineato Luca Zaia, di certo riferendosi ai punti vaccinali (come quello di Marano Vicentino) dove centinaia di ultra ottantenni si sono ritrovati in piedi, in attesa sotto il sole, alcuni con il pannolone addosso, altri sfiniti.

Il fatto è che a dire “vediamo gli assembramenti, ci sono le carrozzine” è quella stessa persona che fino a poche settimane fa sbraitava (giustamente) contro chi si faceva vedere in centro ad Asiago e si chiedeva se non fosse possibile usare il buon senso ed evitare di trovarsi in massa a fare vasche in centro o nelle case.

A dargli man forte, nei territori, i sindaci. Che si sono presentati nei punti vaccino, hanno preso atto delle file estenuanti, degli anziani sfiniti, hanno annotato le lamentele dei cittadini, si sono detti a loro volta (alcuni, non tutti) sbalorditi. Ma poi sono tornati in Municipio. Per molto meno, quegli stessi sindaci, avevano inviato Polizia e Carabinieri a presidiare parchi giochi e aree sgambamento cani, spiagge e sentieri persi in mezzo ai monti, avevano invocato multe da capogiro per assembramenti, non per fare cassa, ma per tutelare la salute. La salute di quei cittadini che oggi, come nei giorni scorsi e come è facile intuire avverrà nei prossimi giorni, sono assembrati senza nessun distanziamento in attesa del loro turno per il vaccino.

Al fianco dei sindaci, anche le forze dell’ordine. Quei Carabinieri e Poliziotti che, mandati dai Comuni o dalle leggi che tutelano la sicurezza, hanno presidiato ogni angolo delle città. Hanno elevato sanzioni e fatto chiudere bar davanti ai quali hanno stazionato ubriachi e no mask, hanno controllato che non lavorassero in modo abusivo i banchi al mercato, gestiti da un padre di famiglia che con l’incasso della giornata sfamava moglie e figli. Forze dell’ordine che hanno dato multe a giovani fidanzati che in uno slancio di affetto si sono sfiorati le labbra in pubblico, ma che in questo frangente sembrano consapevoli che la multa non s’ha da fare.

Dalla stessa parte però in questi giorni, c’è anche il personale sanitario. Medici, infermieri e volontari che stanno lì, sfinendosi, a vaccinare anziani e meno anziani. Professionisti o giovani tirocinanti, bravissimi, che con passione e consapevolezza di essere protagonisti in un momento storico compilano carte e fanno punture, vedendosi sfilare davanti centinaia di persone. Lo stesso personale medico e sanitario che fino a poche settimane fa chiedeva disperatamente aiuto ai cittadini, invocando di mantenere le distanze per non rischiare di ammalarsi, causa intasamento degli ospedali, super lavoro ingestibile e rallentamento di tutte le attività ed i controlli non urgenti.

A contenere questa grande scatola cinese, un governo (in Italia tra inizio e ‘fine’ pandemia il governo è anche cambiato) che non riesce a dare direttive precise, che non prende in mano le redini con decisione, con le Regioni e lo Stato che si passano la palla, un’Europa che non è più un riferimento ed un mondo definito ‘globale’ in cui gli stati si rubano il vaccino.

E dall’altra parte ci siamo noi. Cittadini esterrefatti, che obbediscono a regole che non sono più in grado di capire, protagonisti in prima linea di una campagna vaccinale annunciata e desiderata da mesi e organizzata all’ultimo minuto.

Una campagna vaccinale in cui sono consentiti quegli ammassamenti e quella vicinanza vietati fino a pochi giorni fa e che vede all’interno dei padiglioni più persone che in un teatro.

In fila a sostenere il padre anziano al punto vaccino, a tenerlo lontano da possibili contagi, c’è il titolare di una palestra che ha investito tutti i suoi soldi nella sicurezza delle sale ed ha l’attività chiusa da mesi. Vicino c’è il proprietario di un negozio di abbigliamento di un piccolo paese, che non ha mai più di due persone in negozio e dove il distanziamento fisico è fisiologico anche la Vigilia di Natale. Col il nonno che barcolla sul treppiedi c’è uno studente di liceo, che non va a scuola da quasi un anno e quando va teme sia l’ultima volta. Tutti in fila, ammassati, a rischiare di contagiarsi gli accompagnatori e ad aspettare il vaccino salva vita per l’anziano.

Un vaccino che servirà a mettere la parola fine ad una terribile pandemia e ci farà, si spera, dimenticare le assurdità di questi mesi.

Anna Bianchini

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