È partita la mobilitazione dei dipendenti delle farmacie private, promossa da Cgil, Cisl e Uil, con flashmob in diverse città venete. Al centro della protesta c’è il rinnovo del contratto nazionale, in scadenza il 31 agosto 2024, e la rottura delle trattative con Federfarma, l’associazione dei datori di lavoro. I sindacati giudicano inaccettabile la proposta economica avanzata, ovvero un aumento di 120 euro lordi in tre anni, a fronte della richiesta unitaria di 360 euro lordi mensili.
Tra i partecipanti alla manifestazione di Vicenza anche Enrico Nicolussi, farmacista alla “Farmacia Poggi” di Bassano del Grappa. Secondo Nicolussi, la percezione comune del farmacista come figura benestante è fuorviante: lo stipendio netto medio si aggira intorno ai 1.500 euro al mese, con una retribuzione ferma dal 2021. Chi lavora in farmacia privata guadagna sensibilmente meno rispetto ai colleghi delle parafarmacie, e la differenza è destinata ad aumentare nei prossimi mesi.
Oltre al problema economico, Nicolussi ha sottolineato i costi a carico dei dipendenti per la formazione obbligatoria (50 ore annue), che può arrivare a 300 euro l’anno. Lo scenario peggiora per chi resta nel settore: con molti colleghi che scelgono altre strade, aumenta il carico di lavoro per i pochi rimasti. Le retribuzioni non tengono conto dei nuovi compiti introdotti negli ultimi anni, soprattutto con l’avvento della “farmacia dei servizi”, che ha trasformato la professione. I farmacisti oggi eseguono vaccinazioni, test, elettrocardiogrammi, telemedicina e altri accertamenti, spesso senza compensi aggiuntivi né adeguate coperture assicurative.
Inoltre, Nicolussi ha evidenziato come la formazione per questi servizi venga affidata ai produttori delle tecnologie utilizzate, senza un reale supporto scientifico da parte dell’Ordine dei farmacisti. Nonostante le crescenti responsabilità, il riconoscimento economico e professionale resta invariato.
Infine, ha lamentato che, oltre ai compiti sanitari, i farmacisti si trovano anche a svolgere mansioni da commessi, in un contesto dove la farmacia vende prodotti di ogni tipo, e spesso con stipendi inferiori rispetto a un commesso specializzato. Con l’espansione delle grandi catene, la visione imprenditoriale e commerciale rischia di schiacciare la dimensione scientifica e professionale della figura del farmacista.