“È indubbiamente vero che molti Medici di Medicina Generale rifiutino alcune destinazione, ma non basta a spiegare i dati drammatici del Veneto e non è giusto scaricare ogni responsabilità sui professionisti. Perché la Regione non si chiede come mai non sia più attrattivo esercitare in montagna?”. La domanda è della consigliera regionale del Partito Democratico Anna Maria Bigon, vicepresidente alla Commissione Sanità a Palazzo Ferro Fini.
“Ci sono scelte politiche che adesso presentano il conto – aggiunge la consigliera – il Veneto, ad esempio, ha sempre chiesto un numero di borse di studio per la formazione troppo basso la metà della Puglia, che ha un milione di abitanti in meno. Nella Regione Puglia, è presente un tetto massimo di 1200 assistiti, anziché 1500 innalzabile a 1800, ed è una delle ragioni che ha permesso di perdere solo il 20 per cento dei convenzionati in 15 anni. Se pensiamo che ad oggi ne mancano 445 ed entro il 2026 andranno in pensione altri 800 medici di famiglia, il quadro che si presenta è inevitabilmente da brivido. Ricordo, che tra quelli in graduatoria, molti di essi sono medici di Guardia medica”.
“Se esiste un problema a livello nazionale, è pur vero che la Regione del Vento non può chiamarsi fuori. Ad esempio, il fondo che finanziava le medicine di gruppi semplici e personale di studio previsto dalla delibera n. 476/2019 è stato cancellato lo scorso 29 dicembre. È il momento di avviare una seria riflessione sui problemi della sanità del territorio e capire come rafforzarla, approfittando anche delle risorse in arrivo dall’Europa, anziché – conclude Anna Maria Bigon – dissanguarla come negli ultimi anni, trasformando poi le difficoltà oggettive dei medici in loro demeriti”.
Lanzarin: ‘Cerchiamo 445 medici per zone scoperte’
Il problema dei medici di base attanaglia tutta Italia, in particolare Veneto e Lombardia. Nell’Altovicentino ci sono problemi seri nella Valle dell’Astico, ormai da un apio d’anni, con la sofferenza di persone anziane, per le quali il medico di famiglia è un punto di riferimento imprescindibile nella loro vita. Lo stesso a Malo, ma anche a Schio, dove addirittura ci sono intere notti scoperte per la guardia medica e chi ha bisogno dell’urgenza deve andare per forza in ospedale. Per non parlare di chi ormai non riesce più a comunicare con il proprio medico, per la mole di lavoro che questo ha, dovendo farsi carico anche dell’utenza scoperta. Insomma, un disastro, che Manuela Lanzarin, l’altra mattina ha attribuito alla carenza di medici. E non solo.
‘La questione della medicina territoriale è risaputa e molto sentita – ha spiegato l’assessore regionale – noi in Veneto al momento abbiamo 2884 , ne avevamo 3105, ne stiamo perdendo circa 50 l’anno per pensionamento e ne perderemo circa 800 entro il 2026. Abbiamo 445 zone carenti. Abbiamo dei vincoli con le graduatorie e non possiamo obbligare i medici a mandarli in quella o quell’altra zona. Sono liberi professionisti. Alcune zone hanno alzato i massimali fino a 1800 su base volontarie. I medici ci sono, ma non vogliono andare in certe zone e preferiscono altri incarichi magari pagati diversamente. Non vogliono accettare. La situazione è molto articolata perchè i medici possono accettare diversi incarichi. Il medico Usca prende molto di più rispetto al medico assistenziale’.
L’appello di Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani
‘I sindaci italiani sono preoccupati per la costante mancanza, in crescita, di medici di base. È da tre anni che Uncem lo ripete. L’ho nuovamente scritto al ministro. Riceviamo ogni giorno segnalazioni di fortissime difficoltà da parte di molti sindaci di comuni alpini, appenninici, delle isole. Non si trovano medici di base che vogliano mantenere aperti studi nei piccoli comuni montani. E questo genera particolare apprensione nei sindaci» afferma il presidente nazionale Uncem Marco Bussone. «Mentre le Regioni stanno definendo come realizzare case della salute, anche finanziate dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, il rischio è la mancanza di medici e di personale – evidenzia Bussone – Le case della salute, tradizionalmente collocate nei fondovalle, nei comuni più grandi, non dovranno comunque limitare la presenza e la disponibilità di personale medico negli studi dei comuni montani. È complesso e impegnativo contemperare le necessità, ma è comunque urgente’.
di Redazione AltovicentinOnline