di Mattia Cecchini
Esiste una mappa del rischio frane in Italia: classifica come “rischiosi” i Comuni nei quali almeno un abitante risulta residente in un’area considerata idrogeologicamente a rischio “elevato” o “medio” di frane. Comuni “molto rischiosi” sono quelli in cui almeno un abitante vive in un’area classificata ad elevato rischio frane. E’ una classificazione che, “sebbene possa apparire eccessivamente inclusiva, con l’effetto di determinare un sovradimensionamento del fenomeno”, per l’Uncem è “il criterio più appropriato” perchè consente “una definizione esaustiva ed oggettivamente valida”. In più, a dire che oggi le frane sono più ‘vicine’ che in passato, ci sono gli effetti dei cambiamenti climatici ed in particolare “la sensibile contrazione dei ghiacciai” che “sembrano mettere in discussione l’idea di Alpi solide a fronte di un Appennino fragile e richiedono l’attivazione di adeguati monitoraggi”. Premesso questo, nell’Appendice del Rapporto Montagne Italia 2025 che parla di dissesto idrogeologico e rischio sismico nelle Alpi e negli Appennini, l’Unione dei Comuni, Enti e Comunità montane traccia una mappa, appunto, in cui il rischio franoso caratterizza “pressoché tutto il territorio italiano”, ma non è uguale dappertutto.
Il 63,9% dei Comuni ha almeno una porzione del proprio territorio investita dal rischio frane (5.111 Comuni), e il 61,3% è a rischio elevato (4.905). Più si sale, poi, più sale il rischio. In montagna la percentuale di Comuni con un territorio interamente o parzialmente “a rischio” si attesta all’84,5% (2.934 Comuni), e “ad elevato rischio” sono l’81,4% (2.827); nei territori non montani le percentuali si attestano al 48,1% e al 45,9% (2.177 e 2.078 Comuni). Sono dati diffusi nei giorni in cui si contano le ennesime frane in Cadore, precedute dal crollo del ghiacciaio Birch nel Canton Vallese.
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