- AltoVicentinOnline - https://www.altovicentinonline.it -

Peste suina africana, primo caso: “Attenzione agli allevamenti domestici” nell’Alto Vicentino

Identificato in Piemonte un cinghiale infetto da peste suina africana. Trema il mercato della carne, che potrebbe subire blocchi alle esportazioni e nell’Altopiano di Asiago la Regione ha già riunito un tavolo, con il sindaco di Conco Graziella Stefani e i colleghi dell’Altopiano in prima linea per capire se l’allarme possa colpire gli allevamenti delle malghe ed il settore alimentare, fondamentale nell’economia del territorio.

“C’è grande preoccupazione per i danni all’agricoltura causati da un numeroso gruppo di cinghiali, che sta andando fuori controllo. Noi siamo pronti, teniamo sotto controllo le movimentazioni degli animali e nei macelli e procediamo con tutti i sistemi si indagine per la sicurezza alimentare, ma è altamente auspicabile il divieto di macellazione dei suini a domicilio e di fare massima attenzione con gli allevamenti ‘in casa’, che sono più esposti al contatto con i cinghiali”, ha spiegato Fabrizio De Stefani, direttore del Servizio Veterinario di Igiene degli Alimenti di Origine Animale della Ulss7 Pedemontana.

L’allarme che la peste suina africana possa intaccare qualche allevamento nel territorio dell’Alto Vicentino c’è.

“Ci aspettavamo che la peste suina africana (PSA) arrivasse dai paesi dell’est, come Polonia, Germania, Austria. Il fatto di avere individuato un caso in Piemonte e di non averlo visto nell’est italiano ci fa pensare che la PSA sia già arrivata nel nostro arco alpino”, ha commentato il professionista.

La scoperta del cinghiale infetto a Ovada, in Piemonte, infatti è stata una coincidenza. L’animale era stato investito e durante il controllo sulla carcassa, effettuato dall’Istituto Zooprofilattico dell’Umbria e delle Marche, è emersa la verità.

“L’episodio di Ovada è preoccupante – ha continuato De Stefani – Noi facciamo buona guardia, ma dobbiamo avere la collaborazione i tutti, anche dei cacciatori, per aumentare le azioni di biosicurezza, per impedire che un agente patogeno entri in qualche allevamento”.

Proprio di biosicurezza parla il Ministero della Salute, che ha emanato un testo: “Si ribadisce la necessità di rafforzare al massimo su tutto il territorio la sorveglianza nel settore del selvatico ed innalzare al livello massimo di allerta la vigilanza sulle misure di biosicurezza nel settore domestico, con riguardo a tutte le operazioni di trasporto e di movimentazione degli animali, di mangimi, prodotti e persone”.

Nella Ulss7 Pedemontana il controllo degli animali e del movimento degli animali dagli allevamenti ai macelli è massimo.

“Per ogni animale facciamo un’ispezione anatomopatologica alle carni, per rilevare eventuali lesioni o malattie che possono essere pericolose sia per l’uomo sia per malattie trasmissibili ad altri animali – ha evidenziato De Stefani – Solo gli animali sani possono viaggiare e vengono effettuate analisi sia su animali vivi che sulle carcasse. Abbiamo anche un importante presidio, il CLS (Centro per la Lavorazione della Selvaggina), dove confluiscono i cinghiali abbattuti nel territorio in relazione ad un piano di controllo regionale per tenere il numero della specie sotto controllo”.

Il cinghiale infatti è una specie considerata infestiva. Da anni ormai vengono denunciati sempre più esemplari e i danni denunciati in Veneto nel 2020 hanno superato il miliardo di euro.

Il cinghiale infetto in Piemonte

Il caso di cinghiale infetto da PSA è stato rilevato a Ovada, nella provincia di Alessandria, per una coincidenza. L’animale infatti è morto a causa di un incidente stradale e la notizia è rimbalzata a livello nazionale. La comunicazione è stata diramata anche alle Ulss venete e all’azienda sanitaria Pedemontana, nel cui territorio i suini selvatici stanno proliferando causando preoccupazione, tanto che lo scorso ottobre i danni denunciati avevano sperato il miliardo di danni in Veneto.

Una preoccupazione in più per il sistema sanitario, in questo caso per i veterinari, chiamati a vigilare e adottare misure di prevenzione.

La peste suina africana non si trasmette all’uomo ma è spesso letale per gli animali che ne sono colpiti, è altamente trasmissibile e mette quindi a rischio gli allevamenti di maiali e lo stesso commercio di carni suine. Il virus può resistere per anni nella carne congelata e viene reso inattivo solo dalla cottura e da specifici disinfettanti.

Gli esami sulla carcassa rinvenuta a Ovada sono stati effettuati dall’Istituto Zooprofilattico dell’Umbria e delle Marche, centro di referenza nazionale per le malattie da postivirus. La documentazione, si apprende in Piemonte, è stata trasmessa al Ministero della Salute che la notificherà all’Oie, l’organizzazione mondiale della sanità animale, e alla Commissione Europea.

Il caso di peste suina può avere conseguenze sul commercio delle carni suine italiane, con la possibilità che i Paesi che non riconoscono il principio di regionalizzazione possano imporre il divieto di importazione di tutti i prodotti suini dell’intero Paese in cui la Psa si è manifestata.

L’allarme sul rischio della peste suina era stato lanciato nei giorni scorsi da Confagricoltura Piemonte che aveva parlato di “un forte rischio” di diffusione legato “all’eccessiva proliferazione” dei cinghiali.

Cacciare i cinghiali per fermare la proliferazione, la proposta dell’onorevole Maria Cristina Caretta, capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Agricoltura a Montecitorio

“In assenza di un’immediata risposta da parte del Governo la peste suina africana (PSA) rischia di estendersi su tutto il territorio italiano, determinando danni incalcolabili a livello nazionale. Come evidenziato anche dai rappresentanti di tutte le Regioni, non solo quelle governate da Fratelli d’Italia, è necessario intervenire a livello normativo per contrastare la proliferazione dei cinghiali, vettori principali della PSA. La strada maestra è un coinvolgimento ad ampio spettro di Comuni, Province e Ambiti territoriali di caccia. Su questo punto ho presentato, con la collega on. Monica Ciaburro, una proposta di legge oggi in discussione in Commissione Agricoltura alla Camera, che ha appena terminato il proprio ciclo di audizioni e che potrebbe cambiare la situazione immediatamente. Se il Governo e la maggioranza vogliono davvero dare una risposta concreta al proliferare della fauna selvatica ed ai rischi epidemici legati alla PSA, mi aspetto che condividano la nostra proposta, in modo che venga approvata il prima possibile”.

Anna Bianchini

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su: