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“Tutti in piazza per la Sanità”: e i sindaci?

Da quando è stata preannunciata la manifestazione del 16 novembre, a simbolo di una protesta pacifica per la tutela dei servizi ospedalieri e socio assistenziali dell’Ulss 7, in particolare del territorio dell’Alto Vicentino, è un fioccare di adesioni.

Un tam tam sui social network, che sarà curioso vedere quel giorno, se si tramuterà in adesioni fisiche: persone in carne e ossa che smetteranno di sbraitare da dietro un monitor o uno smartphone, per scendere in piazza e rivendicare il diritto alla salute.

Numerose le storie di disservizio e di liste d’attesa lunghissime, da parte di privati cittadini, che raccontano storie di rapporti quotidiani con l’ex Ulss 4, che non è più efficiente come qualche anno fa.

Carenza di medici e fusione con i servizi di Bassano del Grappa, i cittadini chiedono risposte, ma nessuna rassicurazione è mai arrivata dalla Regione Veneto, che interviene su temi mediatici, ma preferisce il silenzio dinanzi alle difficoltà di persone, che continuano a pagare le stesse tasse di sempre, ma si vedono ridotti i servizi.

E i sindaci della conferenza dell’Alto Vicentino? Sono stati loro, alcune settimane fa, con un comunicato ufficiale inviato a tutte le redazioni giornalistiche, a denunciare una disparità di trattamento tra le strutture sanitarie bassanesi e quelle ‘di casa nostra’. “I numeri dicono che non c’è equilibrio tra le due strutture – avevano detto unanimi i sindaci della conferenza, che avevano addirittura stilato un documento per mettere nero su bianco l’eclatante attenzione della politica che conta sul versante bassanese lasciando inascoltate le richieste dell’Alto Vicentino – Le schede ospedaliere parlano chiaro”.

Adesso scenderanno in campo al fianco dei cittadini in questo momento in cui è necessario essere uniti per risollevare le sorti di una ex Ulss 4 depotenziata?

Li vedremo sfilare nella manifestazione che non vuole essere un attacco ma solo una richiesta di aiuto di una popolazione di cui sono i diretti rappresentanti?

Servizi sociali che si sgretolano come biscotti

Se per quanto riguarda l’ospedale sono stati forniti come giustificazione allo svuotamento dei reparti la mancanza di medici che disertano i bandi ed il pensionamento di alcuni primari eccellenti, il quadro non è rassicurante nemmeno per la parte socio assistenziale. Quei servizi un tempo definiti “eccellenza italiana”, che facevano accorrere addirittura famiglie da altre parti d’Italia e invidiati dalla stessa Bassano, sembrano morire giorno dopo giorno.

Le famiglie che vivono casi di disabilità e con anziani lamentano da mesi ormai una non presenza del servizio pubblico sui loro cari, a cui la dedizione di genitori o figli non basta per andare avanti.

Un caso eclatante è quello del centro per autistici Cà Dotta di Sarcedo, il cui sindaco ha investito oltre 60mila euro per ristrutturare quello che la Ulss 7 si è vantata sui giornali di far diventare un luogo riabilitativo per ragazzini affetti da autismo, presentandolo come un centro destinato addirittura al ‘dopo di noi’, cioè un posto dove i genitori, dopo la loro morte, possano vedere proseguire la vita dei loro figli speciali in mani sicure.

Proclami, solo proclami. Dopo la fase sperimentale di un paio di mesi, al centro di Cà Dotta, dove erano stati inseriti quattro ragazzini, è stato detto che soldi non ce ne sono per la prosecuzione.

I genitori, disperati e bisognosi di sollievo, si sono dovuti rivolgere alla fondazione di Franco Antonello, che grazie alla propria generosità ha elargito 100mila euro, che basteranno per un paio di anni.

I fondi saranno utilizzati dal 2020 e nel frattempo, pur di tenere in piedi il progetto, i genitori stanno sovvenzionando le operatrici con l’assegno di cura dei disabili.

Nessun cenno di conforto da parte della Regione Veneto o della dirigenza della Ulss 7, a cui sembra non importare che ci siano famiglie che con ragazzi difficili da gestire hanno urgente bisogno d’aiuto.

Sono decine e decine le famiglie che vivono inoltre il dramma dell’avere un anziano non autosufficiente in casa: basta provare a chiedere la disponibilità in dei centri specializzati per sentirsi rispondere che non ci sono posti.

Natalia Bandiera

Anna Bianchini

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