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Dal Veneto emigrano cento medici l’anno: “Stop alla Sanità regionale”

“Ogni anno dal Veneto emigrano cento medici, la percentuale maggiore rispetto alle altre regioni d’Italia”. Sarebbe questo uno dei dati che spinge Vincenzo Cosentini, responsabile del sindacato medico Anaao Giovani Veneto, a dire ‘basta’ alla Sanità regionale e ad invocare parametri unificati da nord a sud dello Stivale.

Un auspicio, che trova solo in parte fondamento nelle parole di Andrea Urbani, direttore della programmazione sanitaria del Ministero della Salute, che affiancando il ministro della Salute Roberto Speranza durante una presentazione, ha spiegato come le politiche di controllo della spesa degli ultimi dieci anni riportino alla luce questioni irrisolte, come la disparità di servizi e condizioni di salute tra le regioni del nord e quelle del sud che, non dipendono soltanto dalla carenza di risorse.

“Osservando l’indicatore sulle risorse disponibili in termini di finanziamento pro-capite – Ha spiegato Urbani – emerge che molte Regioni del nord migliorano la loro performance senza aumentare la spesa. Per contro, alcune Regioni del mezzogiorno peggiorano la performance pur aumentando le risorse disponibili rispetto al dato nazionale. Il divario nord-sud è quindi soprattutto una conseguenza delle politiche e delle scelte allocative delle Regioni”. Urbani sottolinea inoltre la necessità di ragionare con logiche di investimento e non di soluzione delle emergenze.

Costantini si dice convinto della necessità di allineare il sistema, per unificare le risposte. “Il mio augurio da medico ospedaliero, sindacalista, potenziale paziente, residente in Veneto ma calabrese di nascita è quello di vedere la politica nazionale e regionale allineata nella prospettiva di ridare linfa vitale al nostro servizio sanitario, affinché l’erogazione delle prestazioni sanitarie possa essere la medesima a Verona come a Reggio Calabria”, ha commentato a Quotidiano Sanità, spiegando le motivazioni per le quali, a suo avviso, la Sanità ‘differenziata’ non ha portato risultati positivi.

Anni di problemi, mancate soluzioni, risposte tardive, criticità, a cui è stato posto un limite solo a fine 2019, con “buone azioni su scala nazionale, con la possibilità di partecipazione ai concorsi pubblici dei medici specializzandi del IV e V anno che offre una boccata di ossigeno al sistema sanitario, con la firma (dopo dieci anni di stallo) del contratto collettivo nazionale e con tante novità per i giovani, con l’allungamento dei termini per la stabilizzazione dei precari (Legge Madia)”.

Ma questo non sarebbe abbastanza secondo Cosentini, che ricorda la richiesta da parte di Anaao al governo di un nuovo grande patto-paese attorno al tema salute e apprezza il commento di Urbani, che dice di voler attuare un passaggio da ‘impostazione verticale’ a ‘orizzontale’.

“Andrea Urbani ha posto l’attenzione sulla necessità di dover passare da una logica verticale sui silos rispetto agli ambiti di assistenza (ospedaliera, farmaceutica, ambulatoriale) e sui tetti di spesa (farmaci, dispositivi medici, personale) ad un approccio orizzontale basato sulla valutazione dell’impatto economico complessivo della patologia e la necessità di un cambio di passo generale, un ripensamento in chiave moderna del SSN – ha commentato Cosentini – In Veneto esistono tante contraddizioni in sanità, frutto di un’idea sempre più radicata, nella mentalità politica, di regionalismo differenziato. Il dibattito più aspro sul regionalismo differenziato si basa sull’ambiguità di fondo che investe il rapporto fra differenziazione ed uguaglianza, tra competizione e cooperazione, in poche parole fra particolarismo e coesione sociale, ambiguità che dovrà essere sciolta dalla politica.
Se ci fermiamo a guardare i problemi della sanità veneta e le proposte della giunta regionale, scopriremo delle soluzioni inadeguate che preoccupano coloro i quali lavorano in questo contesto difficile quale è quello sanitario; chi rappresenta la forza lavoro del presente e del futuro di questa regione ha il diritto di avere risposte concrete, condivise e stabili così come ne ha bisogno la popolazione tutta che riceve le prestazioni sanitarie”.

Costantini critica la soluzione di riportare i medici pensionati in corsia per sopperire alla carenza di personale.

“Stiamo assistendo a risposte politiche al problema che sono discutibili ed a tratti imbarazzanti, come il ritorno dei pensionati, l’utilizzo di medici non ospedalieri da cooperative private, il reclutamento di medici dall’estero o di medici militari, l’ingresso in reparti ospedalieri delicatissimi, come i nostri Pronto Soccorso, di medici neolaureati sprovvisti di qualunque tipo di esperienza, gettati nella mischia con rischi evidenti sia per l’operatore e il medico che per l’utente. Le soluzioni programmatiche che il nostro sindacato propone da anni hanno basi solide – ha concluso il sindacalista – frutto di studi di programmazione e comparazioni: la rimodulazione del numero di borse di specializzazione in funzione di un piano di fabbisogni nel tempo è fondamentale e con questo gli investimenti economici sia da parte delle Regioni che del Governo nell’intento di colmare quel buco nero generazionale che si alimenta ogni anno da coloro i quali si laureano in Medicina e Chirurgia e non riescono ad accedere alle scuole di specializzazione, step indispensabile per poter accedere nei nostri ospedali pubblici”.

A.B.

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