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A Villaverla il console del Bangladesh: “Padre Marino Rigon vivrà per sempre”

A poco meno di un mese dalla sua scomparsa, padre Marino Rigon viene ricordato nella ‘sua’ Villaverla alla presenza del console generale del Bangladesh Rezina Ahtmed.

Arrivata da Milano assieme al suo vice, Mohamad Shamsul Ahsan, ha riservato un forte e caloroso abbraccio ai fratelli di padre Marino, saveriano  spentosi a 92 anni, 61 dei quali passati in terra asiatica ad assistere le mogli ripudiate dal marito, perché troppo vecchie a soli trent’anni.

Una missione che lo ha visto spendersi per dare un’opportunità a quella grande fetta di popolo invischiata nella povertà, impegnandosi nella costruzione di ostelli per i giovani afflitti dalla miseria.

console bangladesh a villaverla per padre marino rigon3jpg

 

Una vita, quella di padre Marino, spesa ad aiutare i più deboli mettendo a rischio la propria vita, oltre a portare avanti una profonda attività culturale, tanto da fondare scuole  e un centro studi.

 

Ad accogliere la delegazione bengalese il sindaco di Villaverla Ruggero Gonzo ed il parroco don Silvio Borsin, che hanno accompagnato i funzionari fino alla casa paterna di Rigon, dove ad attenderli c’erano i fratelli: “L’omaggio che il console Rezina ha voluto dare a nostro fratello, ci ha commosso profondamente – spiega Luigi Rigon che, quasi calcando le orme di padre Marino, ha impiegato la sua vita ad aiutare le persone con disagio a Thiene – L’amore che lui provava per la gente ha dato molte opportunità in Bangladesh, rendendo primi gli ultimi”.

 

padre marino rigon

“Il tesoro di padre Marino”
Una visita svolta in due tappe fondamentali, nel ricordo di padre Rigon: prima al  Centro Tagore, ricavato nell’ex granaio attiguo alla casa dove è nato, convertito in luogo depositario della sua opera-omnia, che l’ha fatto divenire l’assoluto traduttore in italiano del poeta bengalese, premio nobel nel 1913, Rabindranath Tagore.

Infine il saluto silenzioso di fronte la tomba di padre Marino, al cimitero di Villaverla, rotto alla fine dall’inno nazionale del Bangladesh cantato, col vibrato d’emozione, in onore di questo padre saveriano dalla lunga barba bianca che si considerava a tutti gli effetti  ‘uno di loro’, di quei tanti ragazzi e ragazze che ha salvato dalla disperazione e dal ripudio in terra bengalese.

P.V.

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