Ci sono giornate che non si raccontano, si respirano.Ieri, domenica 9 novembre 2025, Breganze si è risvegliata nel profumo del pane caldo, tra il suono delle campane e il chiacchiericcio che riempie le vie del centro: è il giorno più atteso dell’anno, quello dell’Antica Fiera di San Martino, che da ventotto edizioni trasforma il cuore del paese in una festa di popolo, di sapori e di memoria. Piazza Mazzini si è riempita di famiglie, bambini e visitatori provenienti da tutto l’Alto Vicentino. Un fiume di persone che si muove tra gli stand dei panificatori e degli apicoltori, tra le mostre d’arte, i musei e le rievocazioni della trebbiatura, fino ai banchi dei prodotti tipici e alle aree food dove il protagonista assoluto resta lui, il Tòresàn, il piatto simbolo di Breganze. Un piatto che sa di casa, di cortili e di domeniche in famiglia: un piccolo capolavoro contadino che, ogni anno, si trasforma in ambasciatore di un’identità che resiste al tempo.
Non è una sagra qualunque. La Fiera di San Martino è una dichiarazione d’amore collettiva: alla propria terra, alle tradizioni, alle persone che ogni anno la rendono possibile. Camminando tra gli stand, si incontrano gli Alpini, il Gruppo Agricoltori, la Pro Loco, il Gruppo Podistico Laverda, i volontari della Confartigianato e delle tante associazioni che fanno parte dell’anima di Breganze. Ognuno con un sorriso, un gesto, una storia da raccontare.
La fiera è anche cultura: i musei storici , come il Museo Moto Laverda e l’Antica Chiesetta di San Martino, accolgono i visitatori, ricordando che la memoria non è polvere, ma linfa. E poi i giochi de ’na volta, le visite al Campanile di Breganze, le mostre e i percorsi dedicati alla Città del Vino, che ribadiscono il legame indissolubile tra Breganze e la sua vocazione vitivinicola. Tra un calice di Vespaiolo e un piatto fumante, nel pomeriggio si rinnova anche l’emozione del Premio Leccarda d’Oro, che ogni anno celebra chi contribuisce a custodire il valore delle radici e la forza del fare. Perché San Martino, qui, non è solo una data: è un modo di vivere.
C’è una bellezza rara in questa fiera. È la bellezza del tempo che rallenta, delle persone che si salutano per nome, dei bambini che corrono tra le balle di fieno mentre i nonni raccontano come si faceva “una volta”. È la poesia di un paese che, per tre giorni, si ferma per ricordare chi è. E quando il sole cala dietro il campanile, il rumore delle stoviglie e il profumo di mosto sembrano dire che Breganze ha vinto ancora una volta la sua sfida più grande: restare sé stessa. Perché la festa di San Martino non appartiene al passato: appartiene a chi ha ancora voglia di ritrovarsi. E ieri, tra un brindisi e una stretta di mano, Breganze lo ha fatto, come sempre, insieme.
Valentina Ruzza



