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Isola .“Voci di silenzio sottili”. Il carcere raccontato dai suoi protagonisti

E’ in programma per stasera, martedì 13 novembre alle 20.30 nella sala polivalente del municipio di Isola una serata inedita sul tema del carcere e delle pene.

 

La serata si colloca all’interno del ciclo di incontri sulla legalità, promosso con successo dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Isola Vicentina e negli scorsi appuntamenti ha visto, tra l’altro, anche la partecipazione del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso.

L’evento di oggi, a cura del Comune di Isola Vicentina e del progetto Jonathan, è un percorso emozionante che, partendo proprio dal carcere, racconterà che cosa accade “dietro le quinte”: chi lavora con i detenuti e con quali obiettivi, chi sono e che vita conducono i detenuti, il senso della pena.

Per rispondere a questi interrogativi interverranno Fabrizio Cacciabue, direttore della casa circondariale di Vicenza e Rafaella Bevilacqua, responsabile per Vicenza dell’UEPE, uffici di esecuzione penale esterna ed il responsabile del Progetto Jonathan, Davide Bellarte. A moderare l’incontro Emma Rossi, co- fondatrice del Progetto Jonathan e da 23 anni volontaria all’interno del carcere e dell’ UEPE.

La serata inizierà proprio da una cella, ricostruita sul modello di quelle del carcere di Vicenza, attraverso la quale il pubblico potrà accedere alla sala. Subito dopo saranno voci ed occhi a raccontarsi: tre le testimonianze di detenuti ed ex detenuti che hanno percorso o stanno percorrendo le pene alternative. La serata terminerà con la proiezione in anteprima del video ”Il Carcere non basta”, un progetto di campagna di sensibilizzazione promosso dal Progetto Jonathan e realizzato dal videomaker Riccardo Pittaluga.

“Il Comune di Isola Vicentina ci sta dando una grande possibilità – spiega Davide Bellarte,responsabile Progetto Jonathan – quella di condividere con la cittadinanza una questione che secondo me, è prima di tutto culturale: il senso della pena. Su questo tema si parla sempre in termini di luoghi comuni o scandagliando problematiche spesso importanti ma che non centrano il vero problema. Quello che tenteremo di fare questa sera è dire alle persone che il nostro lavoro ci insegna che la pena, l’espiare una colpa, non può essere solo un pagamento, perché altrimenti i reati sarebbero ammessi come errore semplicemente da risarcire. La pena deve essere una riparazione, una riconoscenza della responsabilità per riportare la vittima al centro dell’attenzione. Ecco, questo è possibile laddove si intraprende un percorso alternativo che il detenuto può fare. Il carcere, il UEPE e il Jonathan, anche se molte persone non conoscono queste realtà, lavorano in sinergia su questo e sulle vite delle persone che spesso significano un’umanità da ricostruire. Da ricostruire anche per il bene della società. Spero che queste cose facciano discutere”.

Al.Ber.

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