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Schio. Il Soccorso Alpino celebra i 70 anni: ‘Non c’è gioia più grande di trovare chi stavamo cercando’

E’ una Sala Shed gremita di persone e colma di emozioni quella che ieri sera ha festeggiato il traguardo dei 70 anni di attività della sezione scledense del Soccorso Alpino e Speleologico di Schio.

Nello spazio espositivo dell’ex Lanificio Conte si sono infatti dati appuntamento i soccorritori in attività e quelli che per tanti anni hanno prestato servizio, assieme alle loro famiglie e agli amici di una vita, uniti per celebrare con quello stile semplice e gioviale che è segno distintivo di chi più che alle formalità e ai convegni, è avvezzo alle cime e ai scarponi da montagna.

La storia della compagine di Schio nasce col nome di Squadra Soccorso già nel 1951 quando ancora a livello nazionale non esisteva ufficialmente un corpo: un’avanguardia durata sino al 1954 quando il 12 dicembre si costituì il Soccorso Alpino Nazionale, da allora cresciuto di pari passo alle vicissitudini che hanno segnato il nostro Paese sino ai nostri giorni.

Da mezzi di fortuna e volontari spinti da una grande forza d’animo ma poveri nella dotazione, la formazione a Schio come in tutta Italia cresce attrezzandosi di equipaggiamenti via via più fruibili e affinando sempre più tecnica e professionalità nell’intervento: nulla è lasciato al caso e sono tante le ore di addestramento che i soccorritori devono compiere prima di intervenire sul campo.

“In un periodo eccezionale come quello purtroppo contrassegnato da questa emergenza pandemica” – ha ricordato il Sindaco Valter Orsi invitato sul palco – “è bello contare sullo straordinario contributo di queste persone che non si sono mai fermate. A causa delle restrizioni imposte, c’è stata infatti una riscoperta delle nostre montagne che seppur positiva per certi versi, ha portato ad un incremento degli incidenti ed in questo il contributo del Soccorso Alpino è stato fondamentale al fine di scongiurare spesso il peggio. Schio vi è grata”.

Non solo l’amministrazione comunale: nel parterre, i ‘colleghi’ di tante missioni, dai Carabinieri alla Guardia di Finanza, dalla Protezione Civile ai Carabinieri in Congedo, tutti a testimoniare il legame a doppio filo con un territorio che non potrebbe mai privarsene.

“In Veneto sono 29 le stazioni operative” – spiega il vicepresidente CNSAS regionale Giovanni Busato – “e siamo riferimento esclusivo per il 118. Un lavoro non facile il nostro, perchè di lavoro, pur nel volontariato, si tratta. Lo sanno le nostre famiglie che ci attendono per ore, di giorno come di notte, consce del pericolo che corriamo e forse proprio per questo così preziose nel supportarci comprendendo la nostra passione e lo spirito col quale affrontiamo anche le difficoltà che ci attendono ogni volta che il telefonino squilla”.

Orgoglio anche negli occhi del capo stazione Luca Nardi, che a stento nasconde una palpabile emozione dietro ad un contegno compassato di uomo che ha un peso non indifferente sulle spalle: “Oggi per tanti interventi siamo coadiuvati dall’elisoccorso, ma quando il tempo non è buono ci siamo solo noi e le nostre gambe” – racconta guardando fieramente le giacche rosse della sua squadra e i tanti risultati ottenuti in termini di salvataggi.

E mentre la serata-evento si è conclusa con un attestato di benemerenza per gli ex componenti tanto quanto per i soccorritori ancora attivi, non sono mancati i fiori per Michela Canova in qualità di capace addetta stampa di riferimento e per Lucia, moglie del compianto e storico capo stazione Giuseppe Pierantoni. Quasi un grande abbraccio tra giovani e veterani come Ennio Filippi, presente in prima fila, in un susseguirsi di vibrazioni positive e storie di vita come quella raccontata da Paolo Sandri, tecnico e vice capo stazione, salito a raccontare uno dei suoi soccorsi più belli proprio assieme alla persona salvata: “Oggi è nata un’amicizia”, raccontano con lo sguardo che quasi torna a momenti certo meno facili.

Lo sa bene anche Paolo Ghitti, 35 anni di presenza e 102 interventi alle spalle, che raggiunge lesto il palco per dare la sua testimonianza, la voce quasi rotta dal pianto: “Ricordo ancora nei primi anni Sessanta un nostro intervento nella Val Posina. Cercavamo una bimba, Rossella, di soli 8 anni. Dopo due giorni di ricerche affannose senza esito, proprio mentre la speranza andava affievolendosi, udiamo una voce lontana che chiede aiuto. Con fatica troviamo questa piccola creatura, provata ma fortunatamente in buona salute. Si era costruita un giaciglio con dei rami e dei sassi a mo’ di muretto a secco: allargo le abbraccia e lei mi guarda sussurrando ‘Sapevo che degli angeli sarebbero venuti a salvarmi’. Non l’ho più dimenticata”.

E solo un grande applauso ha nascosto le lacrime che nel frattempo si affacciano in molti visi della platea. Per chi di scene come queste ne ha viste tante. E per chi ancora tante ne affronterà, con rinnovato coraggio e forse anche con un po’ di sana incoscienza. Per volare oltre la paura, a proprio rischio. Proprio come angeli.

Marco Zorzi

 

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