Sono 66 i casi certi di violenza domestica rilevati dal pronto soccorso dell’ospedale Alto Vicentino nel periodo maggio 2012 – maggio 2013: il 65 per cento delle donne aveva tra 18 e 39 anni. Nel 78 per cento dei casi c’era un legame tra la vittima ed il violento. Il 67 per cento delle donne era di nazionalità italiana e il 33 percento straniera. Il 42 percento delle vittime dichiarava di non essersi mai rivolta in precedenza al pronto soccorso per aggressioni subite. Altri dati presunti rilevati dal consultorio familiare, escluse le situazioni seguite dalla tutela minori, evidenziano che a Schio nel 2012, su circa 80 situazioni seguite (separazioni, conflitti intergenerazionali, richieste di sostegno individuale) 23 donne hanno dichiarato di aver subito violenza domestica: di queste 9 hanno dichiarato di aver fatto denuncia e 5 erano conosciute anche dallo Sportello Donna.
Sono dati choc quelli emersi ieri, nella sede centrale dell’Ulss 4 Alto Vicentino, dove si è svolto un incontro allargato ai rappresentanti delle parti sociali e delle forze dell’ordine per fronteggiare quella che ha numeri e caratteristiche di un allarme sociale che a livello istituzionale non può essere ignorato e che urge dello sforzo comune di tutti.
All’interno dell’Ulss 4, da quest’anno, è attivo un Coordinamento contro la violenza domestica e il maltrattamento, di cui è referente Mauro Ciccarese, direttore del Servizio Bambino-Famiglia. E’ composto dai vari servizi socio-sanitari dell’azienda, i Comuni, le forze dell’ordine del territorio, il volontariato. Ne fa parte anche l’Osservatorio Nazionale Violenza Domestica.
“Dopo circa nove anni di attività – spiega Ciccarese – rilevato che la Regione Veneto prevede l’istituzione di tavoli operativi, anche in relazione al mutamento del contesto sociale e culturale della popolazione dell’Alto Vicentino, e in aderenza al programma regionale sulla violenza in ambito domestico, si è ritenuto opportuno promuovere una conferenza dei servizi che possa perseguire diversi obiettivi e finalità: innanzitutto un raccordo tra le Istituzioni che hanno il compito di intercettare la violenza domestica, sia in situazioni di emergenza che di relativa quotidianità. Poi un’analisi dei dati emergenti e delle criticità rilevabili. Infine, una verifica delle iniziative già in essere e la contestuale valutazione della loro efficacia”.
La violenza sulle donne è un reato che chi lo subisce, spesso, non è in grado di riconoscere. In molte mogli, fidanzate, figlie, esiste troppe volte un retaggio culturale che non consente loro di riconoscersi come vittime. In parole povere, chi subisce maltrattamenti che possono consistere in percosse, insulti, minacce o anche semplici mortificazioni, c’è come un’accettazione dovuta a mentalità, derivanti da culture sbagliate che portano a pensare le donne che sia quasi normale subire a quel modo. Che sia la conseguenza della scelta di vita fatta al momento di instaurare un legame con un uomo, che magari, col passare del tempo, si rivela un maschilista violento, che crede , in virtù del suo essere uomo, capo famiglia, produttore dei redditi che servono alla famiglia, di poter fare il bello e cattivo tempo. Anche quando questo significa calpestare la dignità della madre dei suoi figli. Anche questi ultimi, in molti casi, rappresentano il motivo del silenzio di donne disposte a subire per anni, pur di far crescere in maniera ‘sana’ bambini, che invece, inevitabilmente, piangono le conseguenze della violenza che per quanto nascosta, viene respirata dal bambino tra le quattro mura domestiche. Tutto questo, ma molto di più c’è dietro l’omertà di donne che arrivano a vivere una vita intera all’insegna della violenza senza mai trovare la forza e il coraggio di denunciare. L’appello delle istituzioni è unanime. Occorre alzare la testa e denunciare. Fidarsi e vuotare il sacco per liberarsi da quelle che sono vere e proprie schiavitù.
Nella prassi, una donna che vuole uscire dalla situazione di violenza può chiedere aiuto ad uno qualsiasi dei nodi della rete: Carabinieri, Pronto Soccorso, Polizia , Servizi Sociali del Comune. E’ fondamentale che i diversi nodi siano in contatto e collaborino tra loro per favorire l’efficacia e l’efficienza degli interventi. Questo facilita il percorso di uscita dalla violenza. Quando uno dei nodi della rete si trova di fronte ad una situazione di urgenza/emergenza con vittime di violenza in relazioni di convivenza, o in condizione di dover lasciare la propria abitazione per la sicurezza propria e della prole e senza alternativa di accoglienza temporanea, si procede valutando il caso. Se l’esito fa ritenere necessaria un’accoglienza in casa protetta, e c’è l’accettazione della persona, ci si attiva contattando la casa o la struttura di accoglienza in cui è possibile l’inserimento.
N.B.