Il Veneto invecchia e si interroga sulla capacità di farsi carico degli anziani gravi e non più autosufficienti. Secondo i dati Istat, circa 230 mila persone (cioè il 20 per cento degli over 65) sono potenzialmente a rischio di perdere la propria autosufficienza. Il Veneto risulta essere tra le regioni più attrezzate per rete di strutture e servizi per anziani, con un’offerta di residenzialità di circa 31 mila posti letto, di cui metà gestiti da enti pubblici, finanziati da 24.200 impegnative di residenzialità, cioè rette a contributo pubblico. Lo scorso anno 47.700 over 65 hanno avuto accesso per almeno un giorno ad un servizio assistenziale per non autosufficienti, ma oltre 12 mila sono rimasti in lista di attesa. Quali saranno tra dieci o vent’anni i bisogni di assistenza della popolazione anziana in Veneto?

Le proiezioni Istat calcolano che in Veneto nel 2030 i non autosufficienti in Veneto saranno 270 mila, e tra vent’anni, nel 2040, saliranno a 318 mila. Solitudine, patologie croniche e demenze incideranno sempre di più nello stato di salute degli over 75. Anche calcolando la rete informale delle badanti (si stimano circa 84.500 quelle presenti in Veneto tra regolari e irregolari) e i servizi di assistenza domiciliare (20 mila le impegnative regionali), l’attuale copertura dei servizi si rivelerà insufficiente rispetto ai nuovi bisogni di una popolazione che invecchia e che fa sempre meno figli.

Queste riflessioni sono il filo-conduttore dei tre tavoli tecnici convocati oggi presso l’Azienda Zero, dall’assessore alla sanità e al sociale della Regione Veneto, per elaborare una riforma complessiva del sistema della non autosufficienza. I tre tavoli fanno seguito ai precedenti tavoli con i rappresentanti sindacali del settore e alle prospettive del nuovo piano sociosanitario 2019-2023.

Obiettivo del confronto tecnico odierno, che coinvolge tutti gli attori del sistema socioassistenziale, gestori delle Ipab, Fondazioni ed enti privati di assistenza, Uripa, Uneba, direttori di Ulss, Anci e conferenze dei sindaci, è mettere a fuoco dati ed evidenze della situazione regionale della non autosufficienza e calibrare in veste veneta il progetto di riforma sul modello veneto per la non autosufficienza e il ruolo delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, sulla base della fotografia scattata dai ricercatori del Cergas (Centro di ricerche sul gestione dell’assistenza sanitaria e sociale) della Scuola di direzione aziendale dell’università Bocconi, al quale è stato affidato il compito di affiancare l’amministrazione regionale.

“Il sistema attuale vede prevalere l’offerta di servizi residenziali, con rette giornaliere a carico del cittadino variabili tra i 49 e gli 77 euro al giorno – dichiara l’assessore – In prospettiva vogliamo costruire una rete multiservizi omogenea in tutto il territorio regionale, nella quale le nuove Ipab, ripensate come aziende pubbliche di servizi alla persona, siano un tassello organico della programmazione sociosanitaria. L’obiettivo è fornire servizi adeguati ad una popolazione che sta invecchiando e alle famiglie. La trasformazione delle Ipab – ha ricordato la referente delle politiche sanitarie e sociali del Veneto – deve rientrare in un disegno più ampio di rivisitazione del sistema pubblico esistente, per ora focalizzato quasi esclusivamente sull’offerta residenziale, e del suo raccordo con le iniziative del settore privato, profit e non profit. Tra i problemi che i tavoli tecnici sono chiamati ad affrontare ci sono la disomogenea distribuzione territoriale dei servizi, l’eterogeneità dell’offerta erogata nelle diverse Ulss, la sostenibilità dei costi di gestione e il modello di remunerazione, le differenze di trattamento fiscale, giuridico e amministrativo tra i diversi gestori servizi, l’incidenza delle tariffe. Nel prossimo incontro, entro l’estate, presenteremo a tutti gli attori del sistema socio-assistenziale, la riforma che questa amministrazione ha in mente per garantire risposte adeguate ai nuovi fabbisogni: i capisaldi saranno il superamento della rigidità dell’offerta, il collegamento di ‘filiera’ tra centri residenziali e servizi territoriali, il riposizionamento delle Ipab nel sistema con la trasformazione di quelle che un tempo si chiamavano ‘case di riposo’ in ‘centri di salute multiservizi’, aperti al territorio e ai bisogni della popolazione anziana più fragile”.

Il sistema veneto della residenzialità per terza e quarta età, finanziato ogni anno con oltre 500 milioni di euro dalla Regione, conta attualmente 31 mila posti letto autorizzati, di cui circa 30 mila accreditati: il 48% sono gestiti da Ipab, il 18 per cento da Fondazioni, il 12 per cento da società private, l’8 per cento da cooperative, il resto da enti religiosi, Comuni, Comunità montane, partecipate di enti locali o aziende sanitarie.

a cura dell’Ufficio Stampa della Regione Veneto

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