Sempre meno numerosi e più anziani, saranno ben 14mila i camici bianchi che mancheranno alla sanità pubblica tra 15 anni. Dei 56 mila medici su cui oggi può contare il Servizio Sanitario Nazionale, infatti, ne saranno rimpiazzati solo il 75%, cioè 42 mila. Il nuovo allarme arriva dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, che opera all’interno di Vithali, spin off dell’Università Cattolica di Roma.
Secondo le proiezioni effettuate sui dati del Conto annuale della Ragioneria dello stato, “Sono del tutto insufficienti gli accessi ai corsi di laurea in medicina e alle scuole di specializzazione per compensare questa continua diminuzione di camici bianchi”. La riduzione del personale medico è preoccupante anche perché si accompagna a un progressivo invecchiamento: dal 2013 al 2016 è aumentata, infatti, di quasi il 10% la quota di medici ultrasessantenni. E, nel 2016, quasi il 52% del personale medico, oltre 56mila persone, aveva oltre 55 anni: ciò significa che altrettanti andranno in pensione (al netto di quota 100) nel corso del prossimo quindicennio. Un’uscita non compensata da un pari numero di ingressi nella professione. Per rimpiazzarli sarebbero necessarie 13.500 immatricolazioni ai corsi di laurea in medicina ogni anno e 11 mila posti di specializzazione ogni anno. Ma ad oggi sono rispettivamente 9.700 e 6.000. Di conseguenza, secondo le proiezioni i nuovi specializzati saranno circa 42mila in 15 anni, ovvero 14mila in meno rispetto ai 56mila che usciranno per pensionamento. “Questo scenario, determinatosi nel corso di anni in cui non è stata fatta una programmazione adeguata da parte delle autorità competenti, rischia di compromettere le basi portanti del SSN”, afferma il professor Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane.

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