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Cartelli a Schio contro la violenza sulle donne: nasce il ‘Collettivo Femminista’. Fotogallery

Basta violenza contro le donne, stop alle discriminazioni sul posto di lavoro o mercificazione della femmina nelle pubblicità. A Schio non sono più semplici slogan o frasi fatte per fare bella figura. I cartelli e i disegni che campeggiano in vari luoghi della città, affissi con dedizione non lanciano solo messaggi di sensibilizzazione. Parlano di azione vera. Le ragazze fanno sul serio e hanno dato vita al  ‘Collettivo femminista Schio’, una rete di donne, un gruppo per scambiarsi idee, esperienze, per dibattere su un problema che esiste da sempre ma che negli ultimi anni è esploso.

Femminicidi in costante aumento ma non solo. “Oltre alla violenza vera e propria esiste una violenza subdola e poco percepita, soprattutto dagli uomini. Nei posti di lavoro ne succedono di tutti i colori”.

A parlare è Giulia Bianchini, 27 anni, assicuratrice di Schio. E’ lei che ha dato vita al collettivo. Una ragazza tenace, solida, con le idee chiarissime e  il giro di amiche giusto per trasformare un progetto in una realtà. Donne che hanno subito raccolto l’invito e hanno fatto davvero squadra.

“Da quando avevo 15 anni, cioè da quando ho sviluppato spirito critico, sono femminista – ha spiegato Giulia – Mi rendo conto che c’è stata una importante evoluzione nella parola ‘femminista’. Fino a qualche anno fa il termine era percepito come una parolaccia, oggi è più accettato. Oggi ci sono molte ragazze interessate al tema”.

In quante siete?

Siamo partite in quaranta, oggi siamo quasi cento. Il collettivo è cresciuto velocemente. Io mi ero stancata di parlarne da sola, per questo ho creato un gruppo di confronto e discussione, per prendere e dare informazioni corrette e complete. Vorrei diventasse una rete di donne, anche per collaborazioni di tipo professionale. Diciamo che noi sfatiamo lo stereotipo delle donne che non vanno d’accordo.

La misoginia è un problema reale, voi come lo affrontate?

Vogliamo entrare nel profondo della questione, approcciarci in modo molto critico. Vogliamo analizzare la vita quotidiana, i luoghi di lavoro in cui lavorano le donne, dove se ne vedono di tutti i colori. La misoginia è veramente un problema reale, anche se molti uomini non riescono a comprenderlo. Noi vogliamo studiare le tendenze, confrontarci, discutere, scambiarci esperienze. Ci riuniamo in presenza e anche online. E da marzo, in primavera, inizieranno anche gli incontri con i ragazzi.

E per sensibilizzare chi non è nel collettivo fate qualcosa?

Da qualche tempo facciamo sensibilizzazione a Schio. Appendiamo cartelli con messaggi espliciti, facciamo disegni, creiamo forme di sensibilizzazione di vario tipo, per attirare l’attenzione sul problema, che esiste, non è un’opinione. Nel giorno della festa della donna abbiamo affisso cartelli che spiegano la piramide della violenza sulle donne. Una piramide che va smantellata, cominciando dal basso.

Ci spiega questa piramide?

Si inizia con battute sessiste, con il ridere di stereotipi di genere, con il linguaggio offensivo, le pubblicità sessiste e le frasi da spogliatoio. Il livello successivo sono le molestie e i palpeggiamenti, le minacce, la diffusione di immagini private, lo stalking. Poi si sale ancora di livello e ci sono lo stupro, la violenza l’abuso psicologico, fisico ed economico. Infine, in cima alla piramide, c’è il femminicidio. Ogni forma di misoginia nasce da una piramide.

Ho notato che su alcune pagine facebook vengono diffuse immagini dei vostri cartelli e ci sono commenti, sempre maschili, che ridicolizzano le vostre azioni, che danno una connotazione politica e sminuiscono il problema.

E’ vero e questo è un aspetto fondamentale del problema. Quando abbiamo affisso la piramide il giorno contro la violenza sulle donne, siamo state ridicolizzate da gruppi di uomini. Siamo state derise, anche insultate. C’è chi ha capito che cosa stavamo facendo e ha apprezzato, ma molti si sono scagliati contro di noi. Il motivo per cui lo hanno fatto è che quando si parla di violenza sulle donne gli uomini si sentono attaccati nel personale, quindi si mettono sulla difensiva, pensando che ci si riferisca a loro personalmente e non ad un problema serio e reale. Ma il problema della violenza sulle donne è oggettivo. Molti dicono “Gli uomini non tutti sono così”. Ma questo è ovvio.

Com’è possibile che ci siano uomini che danno una connotazione politica al problema?

Sminuiscono il problema, spostano l’attenzione. La violenza di genere non è un tema politico, non è opinione. Per molti uomini è un dibattito di opinione, come se noi facessimo esercizio di retorica. Invece non è opinione, sono fatti. Sono episodi che condizionano e formano le nostre vite. La politica c’entra in quanto di occupa della vita delle persone, ma la violenza di genere è una  questione apartitica. La politica deve intervenire su tutti i fronti per tutelare le donne, destra e sinistra non devono entrarci, devono essere allineate. Noi siamo apartitiche e così deve essere. Il tema è una questione che deve essere di massa, con un gruppo di donne coeso, sicuramente non divise politicamente. Il nostro modo di fare politica è parlare della vita delle persone, che sono tutti esseri umani.

Giulia, si sente che lei crede molto in quello che fate. C’è qualcosa che la infastidisce?

Non mi piace quando sento stereotipi, quando sento battute tipo ‘chi dice donna dice danno’. Non bisogna farsi influenzare dai pregiudizi. Il linguaggio ha una grande importanza. Mi manda in bestia quando gli uomini, anche i ragazzi giovani, ci contestano e sminuiscono quello che capita alle donne. Tante donne vivono e subiscono discriminazioni e spesso, anche per superarle o perché è semplicemente una norma, le sminuiamo. Anche per questo non tollero la superficialità in questo argomento, non sopporto chi ci scherza o ci ride sopra.

Le vostre azioni hanno risalto, piano piano stanno facendo colpo e quindi scatta anche una responsabilità maggiore. Cosa farete per coinvolgere gli uomini in questo vostro percorso?

Crediamo molto nella responsabilità maschile, in una piramide della cultura dello stupro. Da primavera partiranno gli incontri con i ragazzi, per parlare del problema anche con loro. Per condividere, per confrontarci. Gli uomini devono fare la loro parte, così come le donne devono uscire dal torpore e agire, per dare voce anche a quelle che da sole non ce la fanno.

Anna Bianchini

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