(Agi)In un’intervista al Fatto Quotidiano, l’ex segretaria della Cigl, che oggi per il sindacato è la responsabile delle politiche di genere, definisce le donne lavoratrici “funambole del tempo”, intrappolate nel quotidiano tour de force tra lavoro, incombenze domestiche, cure e assistenza famigliari. Constatato che i Comuni “non hanno più soldi”, Susanna Camusso rileva che “è scattata la stagione delle privatizzazioni, di un modello ideologico e liberista che, taglio dopo taglio, riduce i servizi facendo esplodere costi che le madri lavoratrici non riescono ad assorbire”.

Per questo “i bonus mamma sono stati un altro escamotage per non mettere mano al miglioramento dei servizi. Quelle risorse avrebbero potuto e dovuto essere usate per gli asili nido e per l’assistenza agli anziani, due facce dello stesso problema per le donne: il carico che grava sulle loro spalle”. Sono escamotage al pari di “erogare buoni pasto o buoni per andare in palestra”, che “non significa fare welfare”. Si tratta semmai di “interventi che non giustificano i vantaggi fiscali”.

In un’indagine svolta dal sindacato in Lombardia si è potuto constare che “ci sono due interruzioni” dice Camusso, “intorno ai 40 anni, per la cura di un bimbo, e oltre i 50 per l’assistenza a un anziano”. Al quotidiano che obietta come però i dati dicano che sono in deciso aumento anche i padri che lasciano il lavoro per aiutare in famiglia, l’ex segretaria Cgil afferma che “non abbiamo nessuna prova che questi papà gettino la spugna per stare a casa ad accudire un figlio. Basta guardare le statistiche per vedere che la mobilità professionale riguarda gli uomini e non le donne”.

Il mercato del lavoro, inoltre, ”viaggia a due velocità, con un forte gender gap”. Così come “anche l’uso limitato del ricorso al congedo di paternità dimostra che non possiamo fare automatismi”. E se non sono state ancora intraprese azioni politiche forti a sostegno della genitorialità, a dispetto delle tante parole, per Camusso lo si deve al fatto che “l’Italia è un Paese paternalista e maschilista”.

“Si è preferito continuare a fare scelte, come quella della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro – aggiunge – che richiedono alle donne di essere delle equilibriste. Come se la maternità fosse solo un fatto privato, e non anche un fatto sociale”. Servirebbe invece “un meccanismo paritario di congedo obbligatorio e retribuito per la maternità e la paternità: anche un maschio può allevare un bambino. Ma per far questo occorre cambiare la logica del nostro sistema imprenditoriale, logica in base alla quale le donne sono inaffidabili e sono un costo perché fanno figli e hanno permessi per l’allattamento”.

E nei colloqui di assunzione, denuncia ancora, “le aziende hanno ricominciato a fare certe domande alle candidate, tipo “sei fidanzata”, “sei sposata”, “vuoi fare figli”. C’è il ritorno di un maschilismo violento: siamo rientrati nella grande fiera del pregiudizio”.

Da nuovo governo Pd-M5S, infine, Camusso si aspetta un investimento sui nidi come annunciato dal premier Conte, ma quel che serve è “un piano per realizzare una rete efficiente di servizi, considerando il fatto che in una vasta area del Paese, il Meridione, è quasi inesistente”. Insomma, un progetto vero che però al momento non vedo”.(Agi)

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