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Annunci milionari, aiuti fantasma: la verità dei caregiver condannati alla solitudine

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e come al solito, la politica non esita a straparlare facendo intendere quello che è ben lontano dalla realtà. Anche se questo riguarda il doloroso mondo dei caregivers famigliari. Facciamo quindi chiarezza su quanto proclamato in questi giorni dalla ministra alla Disabilità e che non deve illudere.

Quando si parla di “caregiver”, che letteralmente significa “prestatore/prestatrice di cure”, di fa riferimento a chi, all’interno della sfera affettiva e familiare, si occupa quotidianamente dell’assistenza di una persona con disabilità o con una malattia cronica inguaribile.

Spesso si tratta di un familiare: un coniuge, un genitore, un figlio o una figlia.

Essere caregiver significa occuparsi delle attività quotidiane che la persona con disabilità (sia essa motoria, sensoriale, cognitiva) da sola non riesce a svolgere.

Per essere riconosciuti come caregiver vengono richieste alcune condizioni come ad esempio la convivenza, la non remunerazione, il legame affettivo, ecc. Quindi sono escluse le assistenti personali (badanti) regolarmente stipendiate.

Il decreto interministeriale del 17 ottobre 2022 pone le basi per la creazione di un fondo ad hoc e demanda alle Regioni di emanare la normativa di riferimento. Anche la Regione Veneto ha ratificato il decreto emanando la D.G.R. 515 del 13 maggio 2025 che le ULSS del Veneto devono prendere come riferimento.

Vengono previsti due aree di intervento:

A1) per persone assistite a domicilio con elevato bisogno assistenziale; persone affette da decadimento cognitivo; persone affette da disabilità gravissima con ventilazione H24; persone affette da SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica); persone con disabilità fisica e motoria con età compresa tra i 18 e 64 anni; persone con disabilità psichica con età compresa tra i 3 ed i 64 anni.

A3) rivolto a persone non autosufficienti in regime residenziale nonché persone con disabilità accolte in strutture residenziali con richiesta di dimissione e rientro a domicilio. Per questa tipologia di intervento viene richiesto un limite ISEE non superiore a 16.700 euro ed una “Svama” con punteggio superiore a 11.

La normativa, come vediamo, è parecchio complessa e i limiti per accedervi sono molto severi, cosa che diminuisce notevolmente il numero degli aventi diritto ai benefici economici od a servizi mirati (riabilitazione, interventi multidisciplinari, ecc.)

Ultima annotazione riguarda i fondi destinati ai caregivers familiari. Ultimamente la Ministra Locatelli, con molta enfasi, ha annunciato di aver stanziato 30 milioni di euro. In realtà per il 2026 vengono stanziati 1,15 milioni che però non vanno alle famiglie bensì all’INPS per attivare il sistema. Quindi solo nel 2027 le famiglie aventi diritto riceveranno il bonus previsto.

Altra nota dolente riguarda la comunicazione che gli assistenti sociali dovrebbero eseguire. Molte volte anche loro non conoscono la materia oppure la normativa non è chiara e si presta ad interpretazioni soggettive.

Dario Ceroni

 

Amare non dovrebbe significare distruggersi. Caregiver familiari, figure che la società dà per scontate

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