Un furto, una denuncia, un video sui social e infine… la minaccia di una querela per diffamazione. È l’incredibile parabola di una vicenda che, da ordinario episodio di microcriminalità, si è trasformata in un caso giudiziario dal sapore surreale, capace di dividere l’opinione pubblica tra chi invoca giustizia e chi richiama il rispetto della legge sulla privacy.
Il furto e le immagini delle telecamere
Tutto ha inizio in un pomeriggio apparentemente tranquillo. Sono le 16:02 quando un uomo entra nel cortile privato di una casa a Caerano di San Marco, in provincia di Treviso, approfittando del cancello lasciato aperto. Non si ferma, non esita: sale in sella a una bici elettrica e si allontana. Ma l’intera scena è ripresa dalle telecamere di videosorveglianza dell’abitazione. La bicicletta — una Lancia Genio dal valore di oltre 1.500 euro — non era solita restare fuori, dettaglio che alimenta il sospetto del proprietario: “Sapeva che era lì, non è stata una coincidenza”, racconta Cristian, la vittima del furto.
Il video sui social e la reazione del ladro
Cristian decide di non restare con le mani in mano. Dopo aver sporto denuncia ai carabinieri di Montebelluna, inizialmente contro ignoti, pubblica il video del furto su Facebook, accompagnandolo da un appello alla comunità: “Qualcuno lo riconosce?”. Nel post fornisce anche una descrizione dell’uomo, indicando tratti somatici, un tatuaggio sul polso sinistro, la nazionalità e persino dove era stato avvistato poco prima.
Il video fa il giro del paese. Centinaia di condivisioni, commenti, segnalazioni. Fino a quando il ladro — già identificato e denunciato — viene raggiunto dall’eco mediatica del gesto. Incredibilmente, reagisce minacciando di sporgere querela per diffamazione contro chiunque abbia condiviso o commentato il video, sostenendo che la diffusione della sua immagine leda la sua reputazione.
L’incontro e la sparizione della bici
Saputo dove si trovava il responsabile, Cristian lo affronta di persona. L’uomo ammette il furto e si scusa, affermando di aver abbandonato la bicicletta da qualche parte, spaventato dalla pubblicazione del video. Ma la bici, ad oggi, non è mai stata ritrovata.
In serata, la situazione prende una piega ancor più assurda. Il ladro — o chi per lui — chiede di rimuovere il proprio cognome dai post. Le minacce di querela diventano più insistenti, nonostante l’ammissione del furto.
Un caso che divide: diritto alla denuncia o violazione della privacy?
Ora la questione è al vaglio dell’autorità giudiziaria. Se da un lato il furto è un reato già formalmente denunciato, dall’altro rimane da chiarire se la pubblicazione online del video e dei dati personali del responsabile possa configurare una violazione della normativa sulla privacy o addirittura una diffamazione.
L’opinione pubblica è spaccata. In molti difendono Cristian, sottolineando il suo diritto a proteggere la propria famiglia e a cercare giustizia. “È venuto a casa mia e ha spaventato i miei figli — spiega — e la bici non l’ho mai più vista. Rifarei tutto”. Altri, invece, invitano alla cautela: la diffusione di immagini che ritraggono persone riconoscibili, anche se colte in flagrante, può avere implicazioni legali non trascurabili.
Precedenti simili e interrogativi aperti
Non si tratta di un caso isolato. Sempre nel Trevigiano, un commerciante vittima di un furto aveva subito la stessa minaccia: querela per aver condiviso il video del ladro in azione. Episodi che sollevano interrogativi scomodi: è giusto che una persona denunciata per furto possa a sua volta rivalersi legalmente su chi ha condiviso le prove del reato?
Nel frattempo, la bici resta introvabile. La rabbia di Cristian, però, resta ben visibile, così come il dibattito acceso che ruota attorno al delicato equilibrio tra giustizia, privacy e diritto d’informare.