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Schio. ‘Ti prostituisci sul posto di lavoro’. La diffamazione finisce in tribunale

“Ti prostituisci sul posto di lavoro”. Un’infamia che sta mandando in frantumi la vita ad un’operaia. Moglie e mamma, questa 33enne di Santorso ora vive nella paura di perdere il lavoro. Tutto per colpa di una malalingua fatta circolare tra i colleghi, arrivata sino alla direzione dove ora stanno soppesando se rinnovarle il contratto di lavoro o meno.

Una vicenda che, forse, speravano di gestire internamente. Prendendo magari al volo l’occasione per disfarsi di un ‘numero di matricola’. Ma dietro a questo c’è la vita di Isabella, una delle tante precarie che, per sbarcare il lunario assieme al marito, si fa i turni di notte in un’azienda di Schio. Tornando poi a casa all’alba, giusto in tempo prima che il figlio si svegli per andare a scuola.

“Mi stanno facendo sentire sporca, ma non lo sono”. Si difende con le unghie e coi denti da un’accusa aberrante. “Non vivo più, da quando il responsabile mi ha convocata nel suo ufficio per dirmi che io offrirei prestazioni sessuali, in cambio di soldi, sul posto del lavoro – si sfoga la donna che, assistita dall’avvocato Christian Azzolin, ha deciso di sporgere denuncia – Non hanno voluto dirmi chi è stato a dire in giro questa falsità. Questa persona la ‘proteggono’ a me invece no”.

“Stanno rovinando la mia vita”
Se di fronte alla loro dipendente si sono tappati la bocca, in azienda, chi sa sarà costretto a parlare. Le carte presentate in Procura a Vicenza chiedono una cosa unica e chiara. “Che siano individuati i responsabili che hanno diffamato la mia cliente – spiega il legale -E che venga fatta luce se quanto accaduto non sia altro che un modo meschino e subdolo per non rinnovare il contratto in scadenza di una precaria”.

Attendendo che la magistratura faccia luce sulla vicenda, Isabella sta diventando il fantasma di se stessa. Pur nel grande appoggio morale che ha trovato nel marito, ne sta uscendo male da tutta questa storia. “Non dormo più, ho iniziato ad avere tremori e vuoti di memoria”. A poco le stanno servendo quei tranquillanti che il medico le ha prescritto. L’agitazione sta portando al limite Isabella, che si trova a lottare con attacchi di panico che l’hanno colta anche quando era alla guida della sua auto, provocando un incidente. “Per fortuna non si è fatto male nessuno – racconta – Ma lì ho capito che non potevo continuare a subire. Andando al lavoro, controllando se e come mi guardano e se fanno battutine alle mie spalle. Non ce la faccio più. E’ un’ingiustizia. Se in ditta non vogliono rivelare il nome di colui che mi ha infamata con queste aberranti bugie, confido che lo faccia la magistratura”.

“Questo episodio è sintomatico del male di vivere che affligge il mondo del lavoro ai tempi del precariato selvaggio. La paura di non vedersi rinnovato un contratto a scadere, rischia di alimentare una insana competitività. Far regredire ad uno stadio primitivo da “homo homini lupus” per sopravvivere – conclude Christian Azzolin,  legale di Isabella  -Ci si combatte l’un l’altro senza esclusioni di colpi, anche quelli più bassi e l’unica regola è mors tua, vita mea”.

Paola Viero

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