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Zanè. Bullismo, aperto il fascicolo d’inchiesta. Parla la psicologa

Mentre qualcuno lo chiama ‘gioco’, e  ci sono insegnanti che su tutto pensano a difendere il buon nome della scuola media di Zanè, la Procura per i Minorenni fa sul serio e apre il fascicolo d’inchiesta.

Si procede contro ignoti, al momento, ma è un segnale che la vicenda ha risvolti penali. Le indagini sono state affidate ai carabinieri della compagnia di Thiene, che andranno a fondo ad una vicenda, che ha scioccato l’opinione pubblica.
Quella vicenda che qualcuno, vergognosamente, vuole minimizzare facendo addirittura passare i giornalisti come i ‘montatori di un caso’.  Come se ai giornalisti piacesse scrivere di dita nell’ano ai ragazzini.

Massimo riserbo da parte degli investigatori sulle indagini, data la delicatezza dei fatti accaduti, su cui il magistrato della Procura per i Minori ha aperto il fascicolo.
Che lavori pure la magistratura e sarebbe l’ora del silenzio di chi, se ‘confuso’ dal clamore mediatico, forse non dovrebbe dare giudizi su qualcosa che non conosce.
Se invece è sicuro di sapere cosa sia successo, additando addirittura i  genitori di avere distorto i fatti, che si rechi subito dalle forze dell’ordine e parli, senza perdersi in giudizi più o meno impietosi .
Non ha visto, o non sa, chi difende i bulli che hanno infilato le dita nell’ano delle vittime? Perché si ostina a negare questi episodi, che hanno fatto inorridire anche i tecnici più esperti in materia di bullismo? Perchè si prende la responsabilità di colpevolizzare chi non ci sta che il proprio figlio subisca le ‘dita nell’ano’ a scuola?

bullismo

Violenze sottaciute: “Era solo un gioco, sfuggito di mano”
La storia di bullismo alle Medie di Zanè ha scoperchiato un calderone di orrore, fatto di omertà, sottovalutazione di un problema che rischia di lasciare strascichi negli adulti di domani. Una vicenda torbida con ‘reazioni degli adulti’ ancora più inquietanti degli stessi abusi sessuali subiti da bambini di 12  e 13 anni.
“Era solo un gioco – ha dichiarato un genitore di Zanè, che preferisce non esporsi – poi, la cosa è sfuggita di mano. Ai miei tempi i genitori se la sarebbero vista tra loro e fossi stato il padre di una vittima, sarei andato subito a casa del padre del bullo di turno”.

scuola media zane
Dichiarazioni scioccanti che la dicono tutta su come sia stata gestita la vicenda da parte dei genitori che non hanno denunciato per mesi, da parte della scuola dove l’apparenza sembra importare più della sostanza e dove una cosa è evidente: l’incompetenza di chi si sarebbe dovuto affidare ad esperti ed ha perso tempo prezioso, non fermando i bulli e facendoli convivere con i loro ‘agnellini’. Abbiamo voluto intervistare una psicologa per capire come sia degenerata la vicenda e come si sia potuti arrivare a tanto orrore.

Dottoressa Eleonora Frassoni, com’è possibile che ci sia stata così sottovalutazione del problema? Si può parlare di ignoranza? O di incompetenza?
“Parlare di violenza, ed in questo caso si tratta anche di violenza sessuale, è sempre molto difficile. Una situazione come questa, con un alto tasso di aggressività, facilmente spaventa e porta le persone a reagire in modi a volte incomprensibili. La violenza è un elemento molto difficile da “scovare”, soprattutto all’interno di un contesto scolastico con scadenze molto serrate ed obiettivi accademici da raggiungere. Basti pensare ai tantissimi casi di violenza domestica: nella maggior parte dei casi, nessuno sospetta che proprio in quella famiglia in realtà ci siano episodi di violenza. Esattamente allo stesso modo la violenza è mascherata tra i banchi di scuola. Il progetto dedicato all’affettività ha permesso l’apertura a stati d’animo che, in generale, all’interno della scuola, non trovano spazio molto facilmente”.

Eleonorafrassoni

Come si sarebbe dovuti intervenire?
Personalmente credo che in questo caso, ciò che più è mancata sia stata la comunicazione tra la famiglia e la scuola. Favorire le interazioni, una maggior apertura da parte della scuola, il mettere da parte i timori di ripercussioni sugli alunni o sull’idea che gli insegnanti potrebbero avere dei propri figli o della loro famiglia, avrebbe sicuramente permesso un intervento mirato fin da subito e limitato il perpetrarsi di questi episodi”.

Perché è importante ‘riabilitare un bullo’?
“Un ‘bullo’ non è solo un bullo, è innanzitutto una persona che, nella maggior parte dei casi, non si ‘diverte’ nell’agire violenza. Così come soffre la vittima di bullismo, soffre anche il ‘bullo’. E con questo non intendo giustificare i comportamenti di questi ragazzi, sicuramente sbagliati e da condannare. E’ importante ‘riabilitare un bullo’ perché questi ragazzi non saranno ragazzi per sempre e la violenza non può essere vista come la risposta ad uno stato di malessere personale. Capire perché una persona agisce con violenza. E assieme a lei trovare modi alternativi per gestire certe situazioni, offre alla persona stessa un’alternativa d’azione a volte impossibile da vedere. Ed è importante trovarla il prima possibile”.

Perché nonostante le campagne di sensibilizzazione, a due passi da noi, si verificano fatti così sdegnosi con bambini vittime di altri bambini?
“Il bullismo fa parte della nostra società da moltissimo tempo ed è solo da pochi anni che le campagne di sensibilizzazione si sono fatte così fitte e così strutturate. Vent’anni fa non si parlava di bullismo ma di ‘giusti riti di passaggio’. Ed i genitori di quelli che sono i ragazzi oggi a scuola ne hanno sentito probabilmente parlare in maniera marginale dai propri figli. E’ un fenomeno che può spaventare ma per il quale si sta lavorando seriamente da davvero troppo poco tempo e con il quale, purtroppo, avremo a che fare ancora per diverso tempo. La cosa importante è continuare a far passare il messaggio che la violenza non è una strada percorribile, in nessun contesto”.

Cosa consiglierebbe ai genitori dei bulli?
“A volte mi succede di parlare con genitori che notano nei propri figli comportamenti aggressivi nei confronti di altri ragazzi e mi chiedono “cosa dobbiamo fare?”. E la mia risposta è sempre la stessa: trovare il modo per parlare apertamente con i propri figli e, se possibile, avviare un percorso di tipo psicologico. Un comportamento ‘da bullo’ è indicativo di uno stato di malessere del bambino o del ragazzo e credo sia giusto dare voce a questo stato d’animo, così come si da voce a quello delle vittime”.

Una violenza fatta da bambini è sempre, e comunque, una violenza che deve far riflettere. Cosa consiglierebbe ai genitori dei bullizzati?
“Ai genitori dei ragazzi vittime di bullismo consiglio la stessa cosa. Il bullismo non è un capriccio o una sciocchezza che con l’età viene messa in un cassetto: come ogni forma di violenza porta con sé conseguenze che si ritrovano anche, e soprattutto, nella vita adulta. Non sottovalutare il racconto di un ragazzo vittima, o autore di bullismo, è il primo passo per dare il via ad un cambiamento, per entrambi”.

di Redazione AltovicentinOnline

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