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Santorso, il Mav Festival 2025 apre con la storia economica locale e la sfida futura per attrarre i giovani nelle imprese

di Federico Piazza

L’orgoglio per le radici industriali dell’economia vicentina risalenti ai tempi del Palladio e per l’eccezionale sviluppo nel secondo dopoguerra del secolo scorso è stato il filo conduttore dell’evento di apertura del FuoriFestival del 51° MAV. Nel corso dell’incontro, intitolato “La forza della continuità. Radici solide per affrontare il futuro”, il giornalista Luca Fabrello ha dialogato sul palco con due accademici olimpici: il professore di storia economica dell’Università di Verona Edoardo Demo e il dirigente d’impresa di lunga esperienza internazionale Luciano Giacomelli, originario della Val d’Astico e autore recentemente del libro autobiografico “Storie di acciaio, pedali e lunghi viaggi”.
Cornice dell’evento è stata la sede di Ocma a Santorso, azienda produttrice di gru esportate in mezzo mondo che nel 2025 festeggia il centesimo anniversario dalla fondazione.
Il professor Demo ha sottolineato come la grande tradizione economica del territorio dovrebbe essere maggiormente valorizzata in termini di comunicazione. Ma la protostoria rinascimentale della vocazione manifatturiera e commerciale dell’economia vicentina e la storia più recente dello sviluppo di importanti realtà del territorio, tra cui Siderforgerossi di Arsiero di cui Giacomelli è stato presidente dal 2008 al 2021, hanno anche fornito lo spunto per molti interrogativi sul futuro delle imprese in un contesto geopolitico, economico e demografico in grande trasformazione.
Innanzitutto, i due relatori hanno posto l’accento sul progressivo aumento di aziende locali acquisite negli ultimi anni da gruppi industriali e fondi di investimento internazionali, che soprattutto nel secondo caso ragionano in termini solo di ritorno finanziario sul breve-medio termine. Imprese quindi sempre più «gestite da persone la cui testa non è qua».
Il focus principale è stato comunque sul declino demografico e l’attrattività delle aziende per i giovani, che sono il capitale primario su cui le imprese devono necessariamente investire oggi. Notevoli sono infatti le ricadute del cosiddetto “inverno demografico”. Anche perché non solo i giovani sono sempre di meno, ma in misura crescente si trasferiscono e restano all’estero, soprattutto in altri paesi europei, dove trovano migliori opportunità professionali, un buon tenore di vita, servizi pubblici adeguati.
Il professor Demo ha messo in guardia rispetto a un futuro molto prossimo: «Sappiamo già che nell’anno accademico 2028-2029 avremo un crollo del numero di studenti universitari in Italia per effetto del forte calo delle nascite negli ultimi decenni. La sfida epocale che si pone è comune per università e aziende. Occorre attrarre giovani da altre parti d’Italia, d’Europa, del mondo, e farli rimanere. Ma per riuscirci non basta una buona offerta di lavoro. Bisogna anche lavorare sul contesto, creare un ambiente adeguato a partire dai servizi. Questa sfida non riguarda solo le città, che sono più attrattive, ma ancora più la provincia. E il tempo è poco. La contrazione di iscritti che sperimenteremo nelle università arriverà nel giro di qualche anno nelle imprese, che già fanno i conti con il calo di diplomati tecnici nell’istruzione secondaria. Il rischio è che le aziende poi nel mercato del lavoro si cannibalizzino i pochi candidati disponibili».
A margine dell’incontro, poi, sul tema dei servizi che le imprese possono offrire per essere più attrattive e andare incontro alle esigenze dei giovani che vogliono farsi una famiglia si è espressa Silvia Marta, presidente del Raggruppamento Alto Vicentino di Confindustria Vicenza: «Abbiamo per esempio iniziato a lavorare a un progetto di asili nidi interaziendali nelle zone industriali di Schio o Zané o Thiene, da affidare in gestione a soggetti specializzati. Le singole aziende non possono permettersi questo tipo di servizio per i dipendenti, che è invece fattibile mettendosi assieme e magari con l’aiuto delle amministrazioni comunali. Speriamo di riuscirci nel giro di uno o due anni».

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