Fatta la legge… Ora ‘incassino’ i lavoratori. A pochi mesi dall’entrata in vigore della legge sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione e alla redditività d’impresa, frutto della proposta di iniziativa popolare della Cisl, la Filca (categoria Cisl dei settori delle costruzioni e del legno) ha indagato le potenzialità di applicazione, in particolare, dell’articolo 5 sulla “Distribuzione degli utili”, affidandosi a Fondazione Corazzin, il centro studi della Cisl veneta. Gli esiti sono stati presentati stamattina a Quinto di Treviso a 200 delegati Filca. Lo studio individua quante e quali siano in Veneto le imprese della filiera delle costruzioni con potenziali spazi di applicazione della legge sulla partecipazione rispetto, appunto, alla redistribuzione dei redditi per i propri lavoratori. “Imprese, dunque, verso cui mirare la contrattazione sindacale per rendere concreta a tutti gli effetti una delle forme di partecipazione dei lavoratori previste dalla legge”, dice Marco Potente, segretario Filca del Veneto. Si è scelto di guardare al margine operativo lordo (Mol), indicatore di redditività dell’impresa che misura la capacità di generare valore grazie alla sola attività principale; su questa base si è ipotizzata la potenziale partecipazione strutturale agli utili dei lavoratori. Per 1.237 imprese con Mol positivo si è calcolata una possibile quota di utile distribuibile; si è considerato un parametro di lavoro pari al 10% del Mol (percentuale scelta in quanto valore minimo per l’equiparazione fiscale ai premi di risultato). Ebbene, il 37% (460 imprese) potrebbe potenzialmente redistribuire a ciascun lavoratore una quota annua superiore ai 2.500 euro annui, il 30% (367) tra i 1.000 e 2.499 euro e infine il 33% (410) un valore fino a 1.000 euro.
“Si tratta di proiezioni- commenta Potente- ma ci consegnano un potenziale strumento di lavoro per aprire una prossima prima fase di dialogo e confronto con le imprese, e cominciare a introdurre fattivamente il tema nella contrattazione. Un intervento che peraltro potrebbe contribuire in misura concreta a ridurre, almeno in parte, il gap dei salari italiani rispetto alla media europea. Perché la partecipazione, quando è reale e condivisa, diventa vera leva del progresso: garantisce salari più alti, imprese più forti e maggiore sicurezza sul lavoro, trasformando il conflitto in collaborazione e la ricchezza prodotta in giustizia sociale”. Nelle aziende dove la Filca è presente esistono già forme di partecipazione, spiega Ottavio De Luca, segretario Filca nazionale: “Per ottenere i risultati migliori il coinvolgimento dei lavoratori deve avvenire anche nelle scelte aziendali, e la partecipazione deve essere paritetica nei processi organizzativi. Significa entrare nel cuore dell’impresa, dove spesso i problemi nascono proprio dall’assenza di coinvolgimento delle persone, che conoscono il lavoro e sanno come migliorarlo. La bassa crescita della produttività non dipende dai lavoratori, ma dall’organizzazione inefficace, dall’insufficiente coinvolgimento delle persone, dall’assenza di meritocrazia reale, dalla mancanza di figure competenti nei ruoli chiave per facilitare il lavoro degli altri”: la partecipazione non è solo economica, “ma anche gestionale e organizzativa. Ed è un mezzo, non è il fine”. Difendere e affermare questo principio “significa tradurre concretamente nei fatti il ruolo dell’impresa a misura d’uomo e dei lavoratori, per un profitto che sia funzionale alla sostenibilità e alla responsabilità”, conclude Massimiliano Paglini, segretario della Cisl del Veneto.