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‘Giornalisti sul libro paga di Big Pharma’, mail anonima al collega Luca Fabrello

di Natalia Bandiera

 La bufala dei giornalisti sul libro paga dei poteri forti, dei cronisti non più inviati sui luoghi dei fatti di cronaca o di guerra per far conoscere a chi, anche stando seduto sul divano di casa,viene informato di quanto accade sul loro territorio o nel mondo.

Secondo i complottisi ora questa intera categoria è passata a fare altro: a creare terrorismo, utilizzando l’emergenza Covid. Vale a dire che se durante la seconda guerra mondiale, un fotoreporter immortalava i cadaveri crivellati di colpi dei bombardamenti del ‘nemico’ , con il primo piano delle piastrine per dare il senso delle vite strappate alla gioventù mandata in trincea, oggi, un giornalista che anche solo osa fare la conta dei morti giornalieri di Covid negli ospedali di provincia, per qualcuno è “pagato per terrorizzare l’opinione pubblica”.

Per fortuna, si tratta di una minoranza, davvero una piccola percentuale della popolazione, dicono gli statisti, ma si tratta di ‘mosche rumorose’, a volte fastidiose, capaci di fare male con il linguaggio spietato dei social. A qualcuno non importa nemmeno finire in tribunale, il dito sulla tastiera è più veloce del timore di un risarcimento danni, che può rischiare di farti vendere la casa e l’unico bene che hai. Gli insulti sui social ne sono l’emblema, ma quanto accaduto a Luca Fabrello, oltrepassa l’istintività tipica di facebook, dove il desiderio di commentare, se fosse preceduto da qualche secondo di razionalità, sarebbe mitigato e meno impattante.

I fatti. Il collega scledense, volto noto dell’informazione specializzata in tecnologia e imprenditorialità, è stato raggiunto da una email scioccante. E’ inquietante perchè vuol dire che nel suo caso, si oltrepassa l’impulso da social, vuol dire che l’autore, naturalmente anonimo e quindi vigliacco, ci ha ragionato sopra. Si è procurato il suo indirizzo di posta elettronica: si è soffermato sulla sua ‘missione’ con lo scopo di attentare alla persona, di screditare la sua professionalità di giornalista. Tutto scatenato dall’aver accettato la richiesta del sindaco di Schio di condurre una serata informativa sui vaccini promossa all’unanimità dal consiglio comunale, in collaborazione con i medici dell’Ulss 7 Pedemontana.

Lo sfogo. ‘Dopo tanti anni in cui posso dire di aver condotto eventi di ogni genere e di aver prestato la mia figura tanto all’intrattenimento quanto all’approfondimento culturale, non mi era ancora capitato di ricevere una “mail anonima” dove il leone da tastiera di turno mi accusa di essere prezzolato dalle case farmaceutiche internazionali dai fatturati miliardari che stanno lucrando sulla pandemia. Fosse vero, che valgo tanto! Nemmeno Isaac Asimov avrebbe avuto una fantasia così spinta – racconta Fabrello -. Per i detrattori, se l’anno scorso ero prezzolato dalle Telco che vogliono cuocerci attraverso il 5 G, quest’anno è scontato ch’io sia a libro paga dalle Big Pharma che ci impiantano chip e scombinano il dna”.

Nel racconto della sua vicenda, fotocopia di molti altri giornalisti massacrati solo perchè fanno il loro dovere, che sia condurre una serata a tema, una trasmissione televisiva, riportare dati forniti da fonti ufficiali, intervistare le istituzioni, Fabrello la butta sull’ironia, dovuta a quelle ‘certezze professionali e intellettuali’, che te lo consentono. Di solito infatti, sono gli insicuri e gli ignoranti ad esprimersi con i toni dell’aggressione e della violenza.

!La situazione  in Italia, ma non solo, sta diventando fin troppo complicata: non ci si vuole ammalare, non si sopporta la mascherina, si rifugge il vaccino, si grida alla dittatura sanitaria, si demonizza il lockdown, si esorcizza il Green Pass, si teme per l’economia, si denuncia la strumentalizzazione, si chiede sicurezza, ci si appella alla privacy. Caz…, e che è sta roba? Il confine tra diritti e doveri del singolo e l’interesse collettivo mai come in questi mesi è stato in forte tensione, inutile nascondercelo. Io personalmente mi sono fatto l’idea che “uscirne vincitori senza perdere, rischiare o rinunciare a nulla” sia, semplicemente, impossibile”.

Quindi Fabrello si fa serio e a tratti addolorato da un’amara constatazione: ‘La verità, che quasi nessuno dice, è che almeno a casa nostra molte tensioni potrebbero essere evitate se nel nostro meraviglioso Paese  vi fosse un minimo di senso civico in più, un pizzico di coerenza in più, una spolverata di cultura in più. Siamo capaci di cose meravigliose, ma qualche volta siamo dei coglioni patentati e miopi.  Probabilmente basterebbero anche più umiltà, onestà e fiducia; ma nella penisola dei furbetti, dove si salta la fila e passare da santi a dannati è tutto un attimo, auspicare questa mutazione rischia di essere mera utopia. Di una sola cosa sono sicuro, riguardo alla pandemia. Ovvero che dopo lo spavento iniziale – dove ci si è tutti chiusi in casa a cantare dai balconi – questa situazione di stress protratta nei mesi sta generando un vero disastro psicologico e sociologico.  La cattiveria sta dilagando – online poi non ne parliamo – e il terribile miscuglio di paura, fretta, ignoranza, pressappochismo, strumentalizzazione e algoritmi social rischia col tempo di fare più danni del Covid. Un virus che ha rotto le palle e frullato tutto. A partire dalla politica, dove l’inno alle libertà è cantato da chi si identificava in controllo regole disciplina (perché “credere obbedire combattere” mi sembra citazione eccessiva), mentre la campagna vaccinale è abbracciata da anarchici senzadio. Per non parlare della delirante situazione sul web, dove la laurea in tuttologia acquisita su TikTok dilaga ed ai simposi dei ricercatori con esperienze decennali si preferisce il più pratico “a mio cuggino è successo che…”.

L’esperienza del collega Fabrello sta facendo riflettere tutti noi giornalisti, ogni giorno insultati dai ‘laureati all’università della strada’, che sfidano curriculum trentennali fatti di cronaca nera sulla strada, ma che oggi sembra non abbiano più valore rispetto alla prevaricazione di chi vuole insegnarti a fare informazione, senza mai aver scritto altro che post sgrammaticati sui social. E dal water.

L’altro giorno, sfogando la mia frustrazione di giornalista con mio padre, descrivendogli la condizione di una professionista, che si affanna a mantenere un quotidiano on line gratuito per tutti e soprattutto libero (i costi sono davvero importanti), mi sono sentita replicare dal saggio papà: ‘Smettila di dare le perle ai porci, smettila di informarli con l’impegno della passione che ci metti, non scrivere più di Covid, non stare ore a fare i conti e a decifrare grafici delle Ulss o dell’Istituto superiore della Sanità. Tienili al buio e scrivi solo di ricette di cucina, di moda, di giardinaggio e di gossip, almeno smetterai di stare male. Non devi niente a chi non comprende l’essenza e le regole del tuo lavoro’.

Mi aveva quasi convinta, ma dopo quanto accaduto al collega Luca Fabrello, ho deciso di andare avanti.

Natalia Bandiera

 

 

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