Il 7 ottobre 1985, sembrava una crociera come tante altre. L’Achille Lauro era salpata da Genova con a bordo oltre 500 persone, tra passeggeri e membri dell’equipaggio. L’atmosfera era serena, i viaggiatori si rilassavano, ignari di ciò che stava per accadere. Intorno alle 13, però, quattro uomini armati di mitra fecero irruzione sul ponte di comando, obbligando il comandante Gerardo De Rosa a dirigere la nave verso la Siria. Era l’inizio del dirottamento dell’Achille Lauro, un evento che sarebbe diventato il fulcro di una crisi internazionale culminata a Sigonella, mettendo a dura prova i rapporti tra Italia e Stati Uniti.
I dirottatori a bordo
Il racconto di quei giorni è oggi riproposto nel documentario La crociera del terrore, trasmesso su Sky Crime, attraverso la testimonianza di Laura Ball Prevost, una ballerina che si trovava a bordo. I quattro dirottatori erano militanti del Fronte per la Liberazione della Palestina, una fazione radicale dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), all’epoca guidata da Yasser Arafat.
I terroristi si erano imbarcati sotto false identità e con bagagli carichi di armi. Un addetto dell’equipaggio, entrato per errore nelle loro cabine, li sorprese mentre avevano le valigie aperte. Temendo di essere scoperti, i quattro decisero di anticipare l’azione: durante il pranzo, con la nave al largo delle coste egiziane, presero il controllo della situazione. L’obiettivo dichiarato era la liberazione di 50 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Uno dei dirottatori affermò poi che il loro scopo ultimo era la liberazione della Palestina.
Nonostante la seconda Intifada non fosse ancora esplosa, gli anni ’70 e ’80 furono segnati da numerosi attentati di matrice palestinese, come l’attacco alla Sinagoga di Roma del 1982.
Craxi, la diplomazia e il gelo con gli Stati Uniti
Mentre a bordo dell’Achille Lauro i terroristi radunavano i passeggeri e spiegavano le loro richieste, sulla terraferma i governi dei Paesi coinvolti iniziavano le trattative. In Italia, il presidente del Consiglio Bettino Craxi si affidò alla via diplomatica, supportato dal ministro degli Esteri Giulio Andreotti e dal ministro della Difesa Giovanni Spadolini.
Craxi coinvolse direttamente Arafat, chiedendogli di mediare con i dirottatori. Contraria a ogni tipo di mediazione fu invece l’amministrazione americana, preoccupata per la presenza a bordo di cittadini statunitensi.
Attraverso i mediatori arabi Abu Abbas e Hani al-Hassan, i dirottatori furono convinti ad arrendersi in cambio della promessa di immunità. L’Achille Lauro, che si trovava nelle acque siriane, tornò verso le coste egiziane, dove i terroristi furono presi in custodia da Arafat e i suoi emissari. Tuttavia, due giorni dopo, quando le autorità salirono a bordo, fu fatta una macabra scoperta: Leon Klinghoffer, un passeggero americano di origine israeliana, paralizzato a causa di un ictus e costretto sulla sedia a rotelle, era stato ucciso e gettato in mare.
Lo stupore di Andreotti
L’assassinio di Klinghoffer scatenò l’immediata reazione degli Stati Uniti, che chiesero l’estradizione dei terroristi per processarli sul proprio territorio. L’intelligence americana agì rapidamente e, l’11 ottobre, intercettò il volo che trasportava i quattro dirottatori e i due mediatori verso Tunisi, costringendolo ad atterrare nella base NATO di Sigonella, in Sicilia.
In collegamento con Radio Anch’io, il ministro Andreotti raccontò: «Ieri sera ero a una cerimonia all’Eliseo, speravo che la vicenda fosse conclusa. Poi quando sono tornato a casa ho scoperto tutto».
Fu a Sigonella che la tensione tra Italia e Stati Uniti raggiunse il culmine. Craxi autorizzò l’atterraggio nella base, ma impedì ai militari americani di prendere il controllo dell’aereo. Washington insisteva per l’estradizione, ma l’Italia si oppose fermamente.
Craxi, sul filo del rasoio, ottenne la custodia dei quattro dirottatori, che vennero trasferiti nel carcere di Siracusa. I mediatori arabi, dopo lunghe trattative, poterono invece volare verso Belgrado, nonostante si scoprì successivamente che Abu Abbas fosse il vero organizzatore del sequestro.
Le condanne
L’Achille Lauro rientrò a Genova il 14 ottobre. Nello stesso giorno, al largo della Siria, venne recuperato il corpo di Leon Klinghoffer, riportato poi negli Stati Uniti. La moglie, debilitata dal dolore, morì quattro mesi dopo per un cancro, a soli 59 anni.
In Italia fu avviato un processo contro i dirottatori: il 10 luglio 1986, i quattro furono condannati a pene tra i 15 e i 30 anni di carcere. Abu Abbas, processato in contumacia, fu condannato all’ergastolo. Venne infine catturato in Iraq il 15 aprile 2003 dalle forze speciali americane e morì un mese dopo, mentre era sotto la loro custodia.
Un evento che segnò profondamente la storia italiana e internazionale, lasciando un’eredità politica, diplomatica e morale ancora oggetto di discussione a distanza di 40 anni.