da Il Coordinamento Non brucerete il nostro futuro
Ci duole non poterci unire al coro di quanti festeggiano la nascente società ViAmbiente S.p.A., derivante dalla fusione di AVA e Soraris, che si ispirerà a “Criteri di efficienza, economicità e trasparenza, decisioni operative e strategiche allineate esclusivamente agli interessi della comunità”. Se a dichiarare questi solenni impegni sono gli stessi che hanno amministrato AVA negli ultimi decenni, per il nostro territorio c’è ben poco da gioire. Ci chiediamo, infatti, se l’efficienza cui ci si riferisce sia quella per cui, a titolo d’esempio, ancor oggi la società AVA vende una quantità di calore pari a metà di quanto preventivato nel piano industriale del lontano 2008, nonostante il fiume di denaro pubblico investito nel progetto di teleriscaldamento e i conseguenti ampliamenti dell’impianto, che hanno gravato sulle tasche e sulla salute dei cittadini, o se per “economicità” si intenda, come ha fatto la società un paio d’anni orsono, assumere un nuovo direttore generale mantenendo però contemporaneamente a libro paga per un anno quello precedente, omettendo di pubblicarne nel sito i compensi, pubblicazione assolutamente obbligatoria per le società pubbliche, o se “gli interessi della comunità” siano stati perseguiti passando inspiegabilmente dal sistema di raccolta porta a porta, secondo ARPAV e ISPRA il migliore in termini di recupero di materia e il più economico per i cittadini, ai cassonetti stradali, un interessante elemento di riflessione anche per i comuni Soraris, futuri soci in ViAmbiente, che invece, effettuando il porta a porta in tutto il loro territorio con risultati virtuosissimi, hanno un costo di raccolta pro capite più basso di quello di AVA, e che si chiedono che ne sarà dei loro sistemi di raccolta alla prossima fusione.
Trasparenza, da sempre la grande assente: dall’incenerimento dei fanghi al progetto di ampliamento, l’informazione è arrivata alla comunità solo grazie alle iniziative di cittadine e cittadini dei comitati, e il copione non cambia neppure nel capitolo finale, quello della fusione, poiché ad oggi nessun amministratore tra quelli che sostengono il nuovo assetto societario è riuscito a spiegare ai cittadini proprietari in che modo siano tutelati gli interessi della comunità nel momento in cui la società AVA si fonde con Soraris con una quotazione a noi sfavorevole. Nessun amministratore, inoltre, ha spiegato ai cittadini perché non sia stato seriamente preso in considerazione lo scorporo dell’impianto dal progetto di fusione, decisione che avrebbe permesso ai comuni dell’Alto Vicentino di mantenerne l’effettivo controllo anche in previsione delle successive fusioni, e non una riga della corposa documentazione allegata al progetto di fusione viene dedicata a esplorare questa ipotesi, mentre quanto affermato recentemente sulla stampa da uno dei sindaci soci, e cioè che l’ipotesi dello scorporo non sia giuridicamente percorribile, viene smentito da un documento redatto da un esperto su commissione della stessa società AVA, in cui non risulta traccia alcuna di una simile affermazione. Ma a spiegare bene il significato di quest’operazione ci pensa il presidente di AVA Cattelan, che in un’intervista al Giornale di Vicenza del 14 dicembre afferma esplicitamente come lo scorporo dell’impianto “non garantirebbe i soldi necessari per la manutenzione e il potenziamento delle linee, destinandolo a una progressiva chiusura”, ed ecco i reali termini della questione: soltanto inceneritori di grandi dimensioni restituiscono profitti adeguati ai grandi costi di manutenzione, ma al tempo stesso producono un impatto ambientale importante sul territorio in cui sono ubicati, e la politica, che dovrebbe trovare in questa premessa una ragione ulteriore per diminuire il più possibile la produzione di rifiuto residuo, sceglie invece di sacrificare la sostenibilità ambientale a favore del profitto.
Ancora una volta, dunque, i sindaci proprietari utilizzano motivazioni pretestuose per non assumersi la responsabilità politica di una scelta, quella di non effettuare lo scorporo dell’impianto, che avrà conseguenze gravissime sul nostro territorio, consegnandone il controllo a chi, distante da qui, ampliamento dopo ampliamento, incasserà profitti lasciando che a pagare i costi ambientali e sanitari siamo noi, quei profitti che, entrati dalla porta, usciranno dalla finestra come costi per i danni alla salute e all’ambiente, in un territorio in cui si piange per i PFAS che sono arrivati anche a casa nostra, dimenticando che l’incenerimento dei rifiuti ne è una sorgente riconosciuta di disseminazione. Ma, si sa, finché non c’è obbligo di rilevarne l’emissione nei fumi, stiamo tutti tranquilli, preparandoci a piangere, come sempre avviene in questa martoriata regione, quando ormai il danno fatto sarà irreparabile, e gli esempi del caso Miteni e della contaminazione da PFBA derivanti dai materiali della Pedemontana Veneta dovrebbero bastare. Ecco spiegato, dunque, quest’improvviso fervore che da più parti si leva a difesa del controllo pubblico, usato come specchietto per le allodole da parte di chi, in realtà, il controllo non vede l’ora di toglierlo dalle mani dei cittadini che vicino all’impianto ci vivono, così da poterlo gestire in tutta libertà.
Il Coordinamento Non brucerete il nostro futuro!