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Sanità, l’s.o.s. di Coina: “Ostetriche, infermieri e oss in crisi, stipendi fermi da 35 anni e medici blindati con scudo penale”

 «Siamo di fronte a un punto di non ritorno per la sanità italiana. Da un lato i medici aumentano e vengono difesi dal Governo con la legge dello scudo penale, dall’altro le professioni assistenziali, le professioni non mediche ex legge 43/2006, quelle che ogni giorno reggono il sistema, colano a picco, vivono la crisi più grave degli ultimi 20 anni che rischia di diventare irreversibile». Lo denuncia il segretario nazionale del COINA, Sindacato delle Professioni Sanitarie, Marco Ceccarelli.

I numeri certificano il collasso: in un solo anno persi quasi 13mila infermieri e oltre 1.700 ostetriche (Dati Conto Annuale Ragioneria dello Stato), mentre i medici sono cresciuti di circa 2mila unità (medesima fonte). «Un paradosso che grida vendetta – afferma Ceccarelli –. Senza infermieri e senza ostetriche non esiste sicurezza delle cure, non esiste sanità territoriale, non esistono servizi essenziali. Il sistema rischia di sbriciolarsi sotto il peso della fragilità della popolazione, è un fragilissimo castello di sabbia che rischia di crollare al primo soffio di vento».

Non meno drammatico il quadro degli stipendi. «Un’analisi nazionale dimostra che in 35 anni gli infermieri hanno perso fino a 16mila euro complessivi – denuncia Ceccarelli –. Un neoassunto registra circa 10mila euro in meno, mentre un professionista con 40 anni di servizio sfiora una riduzione di 16mila euro. Non è solo scarsità di risorse: le riforme contrattuali hanno progressivamente appiattito le differenze tra i profili più qualificati e quelli di base, con una forbice che dal 70% del 1990 è crollata al 26% nel 2023. L’erosione riguarda anche il salario accessorio: la sostituzione del plus orario con il Fondo per la produttività ha comportato perdite fino a 5mila euro annui per i neoassunti e oltre 6mila euro per chi ha 40 anni di servizio. A questo si aggiunge la riduzione delle indennità legate a turni e reparti infettivi, abbassate rispettivamente di 4,7 e 6,3 euro al giorno. È un trend di svalutazione che scoraggia i giovani, alimenta la fuga di professionisti e rende sempre più difficile garantire stabilità al sistema sanitario. In parole povere, a causa dei mancanti aumenti e delle mancate progressioni di salari, le professioni sanitarie si sono lentamente depauperate, rendendo difficile la vita di tanti uomini e donne e della sanità».

Il COINA parla di politiche miopi e fallimentari: «Il Governo si accorge solo dei medici, mentre le professioni assistenziali vengono abbandonate, svilite e condannate al burnout. Ma non si governa la sanità con slogan e numeri astratti: servono fatti concreti», incalza Ceccarelli.

Le proposte del COINA: piano straordinario di assunzioni per colmare una carenza strutturale di almeno 65-70mila infermieri. Riforma salariale con fondi dedicati, in grado di valorizzare titoli di studio e competenze specialistiche, superando l’appiattimento che penalizza i profili più qualificati. Abolizione immediata di figure ibride e tappabuchi come l’assistente infermiere, create solo per mascherare i vuoti di organico, e rilancio di percorsi universitari strutturati. Riconoscimento giuridico e contrattuale delle professioni sanitarie con adeguata tutela legale e assicurativa e contratto separato per le professioni sanitarie non mediche che devono uscire dal comparto.

«Se davvero vogliamo salvare il Servizio sanitario nazionale – conclude Ceccarelli – dobbiamo ripartire dagli infermieri, dalle ostetriche, dagli uomini e dalle donne delle professioni sanitarie che sono il cuore pulsante dell’assistenza. Senza di loro, senza la loro forza fisica e morale, senza le loro competenze, il sistema non regge: e oggi, numeri alla mano, stiamo già pagando un prezzo altissimo. Non possiamo più aspettare, rischiamo di affondare, tutti!».

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