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A tu per tu con il candidato dem Luca Cislachi: “Non nuove autostrade, ma collegamenti veri: la strategia per un Veneto moderno”

Oggi conosceremo meglio con un’intervista approfondita Luca Cislaghi, 36 anni, consigliere comunale di Velo d’Astico,  candidato alle Regionali con il Pd. Liste d’attesa infinite, carenza di personale sanitario, sfide ambientali e infrastrutture ferme al palo. E ancora Valdastico Nord con il suo “no”. Ma anche giovani che se ne vanno, territori fragili e servizi che arrancano. Di fronte a un Veneto che rischia di perdere il passo, la proposta è chiara: rimettere al centro le persone, il territorio e la sostenibilità. Il suo sembra un programma che parla di futuro, ma con i piedi ben piantati nella realtà.

Luca Cislaghi, tra le sfide in ambito sanitario ci sono l’abbattimento delle liste d’attesa e la carenza di personale. Quali sono le soluzioni?

 Per ridurre i tempi di attesa dobbiamo partire da una grande operazione di riorganizzazione. Serve una gestione unificata delle agende e delle prenotazioni, con criteri trasparenti e tempi certi, perché oggi il cittadino fa fatica a capire dove e quando potrà essere visitato. Dobbiamo poi investire  sulla medicina territoriale e sulla telemedicina: molte visite di controllo, follow-up e referti possono essere gestiti a distanza, liberando risorse e spazi per chi ha bisogno di una visita in presenza. Non è fantascienza, è organizzazione moderna, e altri territori lo stanno già facendo. L’obiettivo è semplice: riportare il pubblico al centro, così che non sia il portafoglio a determinare la velocità delle cure. Sulla carenza di personale, invece, serve un piano strutturale per attrarli e trattenerli. Ci vuole una programmazione stabile delle assunzioni, incentivi per chi sceglie di lavorare nelle aree montane e periferiche.

Ci sono quatto temi molto sentiti dalla cittadinanza di Schio e riguardano sostanzialmente la Gestione dei Rifiuti, l’impiantistica, Recupero e Sostenibilità “La gestione dei rifiuti a livello provinciale e regionale è un tema cruciale, in particolare con l’impianto di incenerimento di Schio che sta affrontando lo spinoso tema del suo potenziale ampliamento, qual è la sua visione strategica sulla gestione dei rifiuti per i prossimi anni?

Credo sia importante partire da un dato: oggi nella nostra regione circa 400 mila tonnellate di rifiuti finiscono ancora in discarica e circa 250 mila tonnellate vengono trattate nei termovalorizzatori. Questo significa due cose: la prima è che ridurre i rifiuti è la priorità assoluta, non solo per ragioni ambientali, ma perché è l’unico modo per arrivare nel tempo a superare definitivamente le discariche. La seconda è che, anche con le migliori politiche di riuso, recupero e riciclo — che restano la base della strategia — una quota residua continuerà a esistere, e quindi gli impianti servono. Il Veneto ha già tracciato una linea chiara con il Piano Regionale dei Rifiuti 2030, un piano che è stato condiviso da tutte le forze politiche. Quella è la strada: prevenzione, economia circolare, riciclo spinto e impiantistica adeguata al fabbisogno, senza eccessi e senza improvvisazioni. Non esistono soluzioni magiche, serve programmazione pubblica e responsabilità nelle scelte. In questo quadro, a Schio parliamo di un termovalorizzatore, non di un inceneritore: un impianto che ha una funzione precisa nel ciclo dei rifiuti e che, in più, ha un ruolo importante per il territorio, perché alimenta il teleriscaldamento e scalda anche l’ospedale. Non si tratta di negarne l’esistenza o demonizzarlo, ma di garantire che sia efficiente, sicuro (le emissioni vanno controllate), moderno e dimensionato alle reali esigenze del territorio, commisurato alle tecnologie esistenti al fine mi di ridurre le emissioni e mantenere attivo il teleriscaldamento, dentro un percorso di progressiva riduzione dei rifiuti. Un punto per me non negoziabile è che la gestione integrata dei rifiuti deve rimanere pubblica. È un servizio essenziale, che riguarda salute, ambiente e qualità della vita: deve essere governato nell’interesse dei cittadini, con trasparenza e controllo pubblico, non lasciato a logiche di mercato. In sintesi: riduzione dei rifiuti, chiusura delle discariche, impiantistica adeguata e pubblica. Questo è il percorso serio e sostenibile per il nostro territorio e per Schio.

Il tema dell’ambiente è qualcosa di importante. La sostenibilità è forse la chiave del futuro, però occorre studiare delle misure che siano praticabili e pragmatiche. Il dissesto idrogeologico rappresenta un’emergenza costante per i nostri territori e i Comuni spesso non dispongono delle risorse necessarie per interventi strutturali. Se sarà eletto, quali saranno le tre priorità di intervento, per la prevenzione e la mitigazione del rischio idrogeologico?

La sostenibilità non è uno slogan: è la condizione per garantire futuro e sicurezza ai nostri territori. E sul dissesto idrogeologico questo è evidente. Le nostre aree montane e pedemontane vivono un’emergenza costante: eventi estremi sempre più frequenti, versanti fragili, corsi d’acqua che richiedono manutenzione continua. I Comuni, da soli, non hanno né le risorse né le strutture per affrontare tutto questo. Per questo servono scelte chiare. Primo: risorse certe e stabili per la prevenzione, non solo interventi dopo l’emergenza. Lo dicono anche gli studi: per ogni euro investito in prevenzione, ne risparmiamo sette dopo un disastro — e, soprattutto, evitiamo di piangere delle vittime. È buon senso, oltre che buona politica. Secondo: una vera regia regionale. Non possono essere il PAI o il piano delle acque comunale a darci da soli il quadro completo. Sono strumenti importanti, ma non basta leggerli: serve una Regione che coordina, decide e si assume la responsabilità di interventi e priorità, mettendo a disposizione competenze tecniche e supporto ai Comuni. Terzo: gestione attiva del territorio. Manutenzione dei corsi d’acqua, cura dei boschi, opere di regimazione idraulica, agricoltura di montagna valorizzata, piani di protezione civile aggiornati e condivisi. La prevenzione passa dal territorio, non solo dagli uffici.

Mobilità, Infrastrutture e Trasporto Pubblico. Qual è la sua visione strategica complessiva per il Veneto in questi settori? In particolare per la posizione e gli impegni sul progetto e sui tempi di compimento e realizzazione della Strada Destra Leogra (SP46), ritenuta necessaria per l’Alto Vicentino?

La mobilità è un tema chiave per lo sviluppo del Veneto e dell’Alto Vicentino. Non si può parlare di crescita, qualità della vita e competitività delle imprese senza un sistema moderno che integri infrastrutture stradali, trasporto pubblico e mobilità sostenibile. Per quanto riguarda la Destra Leogra, parliamo di una bretella fondamentale: consente a Schio di bypassare e sdoppiare il traffico del centro, migliorando viabilità e sicurezza. L’opera va completata, ma con un principio chiaro: non deve farsi carico il Comune di Schio del costo dell’opera. È un’infrastruttura che serve un territorio più ampio, e la Regione deve assumersi la propria parte di responsabilità. Inoltre, non possiamo ragionare in ottica “minor costo”: dobbiamo puntare al miglior compromesso tra sostenibilità economica, tutela ambientale e inserimento nel territorio, perché l’infrastruttura passa vicino a quartieri popolosi. È doveroso garantire sicurezza, mitigazioni e qualità urbana.

Dobbiamo trovare soluzioni alla bretella che da Schio porta a Thiene verso l’autostrada, dove migliaia di mezzi rimangono incolonnati tutti i giorni con conseguenze anche ambientali. La linea ferroviaria Vicenza–Schio, invece, che è strategica per collegare l’Alto Vicentino con il capoluogo e con i servizi principali. Abbiamo aspettato tanto, forse troppo, ma nel frattempo la tecnologia è avanzata e oggi abbiamo un’opportunità concreta: non serve elettrificare la linea, possiamo utilizzare locomotori ibridi a batteria, riducendo costi, impatto ambientale e tempi di realizzazione. È una scelta moderna, sostenibile e pragmatica. Naturalmente non basta cambiare i mezzi: la linea deve essere modernizzata, eliminando i passaggi a livello più critici e inserendo più punti di secondo binario, così da aumentare frequenza e affidabilità. Perché un treno è davvero utile solo se passa spesso, è puntuale e consente a studenti, lavoratori e cittadini di muoversi senza dipendere dall’auto. Parallelamente, la strategia regionale deve puntare su un trasporto pubblico davvero competitivo: metropolitana di superficie nelle aree più dense, un biglietto unico regionale per bus, treni e servizi locali, e orari cadenzati che rendano l’alternativa all’auto una scelta possibile, non un sacrificio. Infrastrutture utili e ben inserite nel territorio, investimenti sul trasporto pubblico e una visione regionale che non lasci i Comuni soli. L’Alto Vicentino deve essere collegato, non periferizzato: questa è la strada per una mobilità moderna, sostenibile e giusta.

Stefani sulla “Valdastico Nord strategica”, ha dichiarato che si tratta di un’opera strategica per il Veneto e per tutto il nord-est, accogliendo  con favore l’apertura del presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, per la ridefinizione del tracciato. Si è detto che subito dopo l’elezione del presidente e del consiglio regionale, aprirà un tavolo di lavoro con il ministero delle Infrastrutture e con Fugatti. Secondo Lei, in tempi ragionevolmente brevi, troveranno la soluzione migliore, e quali potrebbero essere i benefici per collegare la A31 alla A22?

La Valdastico Nord è un tema su cui bisogna essere chiari: io sono contrario al suo prolungamento. Non perché manchi la consapevolezza sull’importanza delle infrastrutture, ma perché oggi non esiste una giustificazione credibile — né economica né ambientale — per un’opera di quel tipo. Quello di cui abbiamo bisogno non è un’autostrada che spinge traffico pesante verso le nostre vallate e verso il Trentino, ma soluzioni concrete per i territori. Serve una bretella che colleghi e serva le zone industriali di Velo d’Astico, Arsiero e Cogollo, e che alleggerisca il traffico nei centri abitati di Piovene e Cogollo: questo sì è un intervento utile, sostenibile, e che risponde a necessità reali di cittadini e imprese. La Pedemontana Veneta, con tutti i suoi limiti, ci ha insegnato che un’opera così impattante non può essere affrontata senza fare bene i conti economici, ambientali e sociali. E prima di aprire nuovi cantieri, servono trasparenza, numeri e analisi serie. Non promesse. In più il contesto europeo è chiarissimo: Germania, Austria e altri Paesi stanno accelerando sulla riduzione del trasporto su gomma, incentivando rotaie e intermodalità. E noi cosa facciamo? Decidiamo che essere “strategici” significa portare più camion e più auto verso quelle direzioni? È una logica fuori tempo e fuori contesto. Oggi abbiamo già una grande arteria che attraversa la provincia da est a ovest: la Pedemontana. E abbiamo due sfoghi naturali a nord: Valsugana e Brennero. Il problema non è inventare nuove autostrade, ma far funzionare bene ciò che esiste, migliorare i collegamenti locali e investire seriamente sul trasporto pubblico, sul ferro e sulla logistica intelligente. Essere strategici oggi significa essere moderni, non riproporre soluzioni del passato. Difendere il territorio, rispondere alle esigenze reali e guardare al futuro: questa è la strada che dobbiamo seguire.

Nel suo programma ci sarà spazio per le nuove generazioni e la necessità di dare risposta concreta al disagio giovanile?

 Non è uno slogan,  è un’urgenza. Oggi il Veneto è la prima regione d’Italia per giovani che se ne vanno. Se non invertiamo questa tendenza, non avremo né forza lavoro, né innovazione, né comunità domani. Salute mentale. Nessuno va lasciato solo. Vogliamo introdurre lo psicologo di base gratuito, perché il benessere non può essere un privilegio o un costo insostenibile per le famiglie. Mobilità e pari opportunità. Per studiare, lavorare e vivere il territorio serve accessibilità. Per questo proponiamo il biglietto gratuito del trasporto pubblico per studenti e giovani lavoratori: è una misura di giustizia sociale, oltre che di sostenibilità ambientale. Lavoro e futuro. Basta stage sottopagati e precarietà. Sosteniamo il contratto d’ingresso proposto da Giovanni Manildo, che accompagna i giovani nel mondo del lavoro con tutele e stipendio garantito fino a circa 2.100 euro per i neolaureati. È un modo serio per trattenere talenti e riconoscere il valore dello studio e delle competenze.

F.C.

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