Nel quinquennio 2019-2023 in Italia sono stati rinvenuti 1.639 lupi morti, e si va dai 210 del 2019 ai 449 del 2023, più di uno ogni giorno. I dati li ha messi in fila la relazione “La mortalità del lupo in Italia 2019-2023”, pubblicata oggi dall’associazione “Io non ho paura del lupo” dopo una raccolta dati durata un anno e mezzo con oltre 60 richieste di accesso civico generalizzato inviate a Regioni, Province autonome, Aziende sanitarie, Istituti Zooprofilattici, Ispra e altri enti. E i 1.639 lupi morti sono “un numero che racconta in modo inequivocabile, e per la prima volta, la portata minima e reale del fenomeno su scala nazionale e che mostra un andamento in costante crescita“, evidenzia l’associazione.
La relazione ricostruisce per la prima volta “un quadro complessivo minimo, della mortalità del lupo a scala nazionale, basato sui rinvenimenti registrati dalle Istituzioni competenti”. Le cause di morte sono state suddivise in quattro categorie: quelle indirettamente riconducibili all’uomo, che comprendono gli investimenti stradali e ferroviari, sono le più frequenti, circa il 60% dei casi noti. Le cause indeterminate sono il 19%, “quota che rivela la difficoltà di individuare e accertare le condizioni del decesso”. Il bracconaggio, direttamente riconducibile all’uomo, incide per circa il 12%, mentre le morti naturali sono una minoranza.
Piemonte, Abruzzo ed Emilia-Romagna hanno il maggior numero di lupi rinvenuti morti, fra 266 e 280 casi nel quinquennio. Numeri elevati anche in Marche, Toscana e Umbria. In altre parti d’Italia, invece, il dato precipita: nella maggior parte delle regioni il numero di lupi recuperati non supera i 60 casi totali in cinque anni. E qui sta il punto. La relazione mette in mostra quanto ancora ci sia da fare per capire davvero bene quanti lupi muoiono e come.