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Quali sono i lavori che resisteranno all’intelligenza artificiale

I lavori che resisteranno all’Intelligenza Artificiale? Secondo Microsoft, non sono quelli che pensi

In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale sta riscrivendo le regole del gioco in moltissimi settori, una domanda riecheggia con crescente insistenza: quali lavori sono davvero al sicuro? A dare una risposta ci ha provato Microsoft, analizzando non modelli teorici o previsioni campate in aria, ma i dati reali delle interazioni tra gli utenti e il suo assistente AI, Bing Copilot. La metodologia scelta è tanto semplice quanto rivelatrice: osservare per quali attività gli utenti cercano più spesso l’aiuto di un’intelligenza artificiale. E da lì, calcolare l’AI Applicability Score, un punteggio che misura quanto un determinato compito sia facilmente sostituibile da un software. Il risultato è un termometro delle insicurezze (e delle potenziali estinzioni) lavorative nel nuovo mondo digitale. E la notizia è questa: non tutti i lavori intellettuali sono al sicuro. Secondo i dati raccolti, i mestieri più a rischio sono quelli che si muovono nel mondo dell’economia della conoscenza: ruoli che implicano la raccolta, l’analisi e la trasmissione di informazioni specialistiche. In cima alla lista ci sono traduttori e interpreti, seguiti da storici e assistenti di viaggio. Tre professioni che, almeno sulla carta, richiedono preparazione, studio e sensibilità. Eppure, già oggi, molti utenti chiedono a Bing Copilot – e ad altri strumenti AI – di tradurre testi, cercare eventi storici, pianificare itinerari. La minaccia, insomma, non è più teorica. Nel solo anno accademico 2023/2024, oltre 1,9 milioni di studenti italiani si sono iscritti all’università. Studiano giurisprudenza, medicina, lettere, ingegneria. Alcuni di loro si stanno preparando per professioni che, nel giro di pochi anni, potrebbero essere rivoluzionate – o eliminate – dall’AI. Altri, magari senza saperlo, stanno invece scegliendo percorsi che l’intelligenza artificiale non potrà sostituire. O almeno non del tutto. Seguendo la logica dell’AI Applicability Score, in fondo alla classifica ci sono i mestieri più “fisici”, quelli che richiedono abilità manuali, presenza sul campo e una relazione concreta con la materia. L’intelligenza artificiale, almeno per ora, non può levigare un pavimento o disincagliare un motore. Tra le professioni meno minacciate troviamo infatti levigatore di pavimenti, tecnico di motoscafi, addetto allo smaltimento dei rifiuti pericolosi e, curiosamente, anche l’imbalsamatore. Professioni pratiche, complesse da automatizzare, in cui il margine di errore è basso e la componente umana rimane imprescindibile. Non sono mestieri glamour, forse. Ma sono vitali. E, in un mondo che corre verso la digitalizzazione a ogni costo, rappresentano un punto fermo. La forza dello studio sta nella sua concretezza. Non è un’analisi su quanto potenzialmente un mestiere sia sostituibile. È un’analisi basata su quello che le persone già oggi chiedono all’IA di fare. Come scrive Lucas Ropek su Gizmodo, è la fotografia di un cambiamento già in atto: se ogni giorno chiedi a un chatbot di scrivere una mail, riassumere un libro, tradurre un documento, forse non stai solo sfruttando uno strumento – stai contribuendo a ridefinire le regole del tuo stesso lavoro. Il punto, allora, non è solo chi sopravvivrà all’intelligenza artificiale. Ma chi saprà rimanere umano, anche nel bel mezzo di una rivoluzione digitale.

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