di Valentina Ruzza
C’è una generazione che parla una lingua tutta sua. Non compare nei dizionari, sfugge alle regole canoniche della grammatica, si muove tra l’inglese e l’italiano, tra lo schermo e la strada, tra una storia su Instagram e un video su TikTok. È la Generazione Alpha, i nati tra il 2010 e il 2024. Sono bambini e adolescenti cresciuti con lo smartphone in mano, che si relazionano con il mondo attraverso i social e che, inevitabilmente, hanno costruito un modo di comunicare nuovo, veloce, ibrido. A tratti incomprensibile per chi non è dentro. Capirli non è solo un esercizio di modernità, ma anche un modo per entrare nel loro universo. Perché ogni generazione ha sempre avuto il suo gergo, è vero, ma mai prima d’ora l’evoluzione del linguaggio è stata così rapida e pervasiva. Le parole cambiano, si accorciano, si trasformano, spesso partendo dall’inglese e diventando poi italiane per suono più che per logica. Alcune nascono come hashtag, altre come tormentoni nei commenti. In ogni caso, non sono solo “parole da ragazzi”, ma veri segnali culturali del presente. Il primo termine da conoscere, non a caso, è proprio “Generazione Alpha”. Si tratta dei nati a partire dal 2010, la prima generazione completamente digitale, quella che non ha mai vissuto un mondo senza YouTube, Siri e Wi-Fi. Hanno una creatività enorme, ma spesso faticano a riconoscere e leggere le emozioni. Vivono in una realtà aumentata, dove i confini tra ciò che è reale e ciò che è digitale si fanno sempre più sfumati. I bambini che nasceranno dal 2025 in poi saranno invece la Generazione Beta, mentre prima degli Alpha c’era la Generazione Z. Se parliamo di emozioni, un vocabolo imprescindibile è “Crush”, termine usatissimo per indicare quella persona per cui si prova una cotta. Ma non è ancora una relazione, è una fase di innamoramento sospeso. Quando una ragazza dice “È il mio gym crush”, sta parlando di quel ragazzo che guarda in palestra, magari in silenzio, ma con il cuore che batte a mille. Se invece si entra in un rapporto d’amicizia forte, si è “Bestie”. È il modo affettuoso, rapido e quasi animalesco che hanno per dire “sei la mia migliore amica”. Bestie è il diminutivo di “Best friend”, ma non è un semplice soprannome: è un patto, una dichiarazione d’intesa. Quando due ragazze si chiamano bestie, significa che si capiscono al volo, che stanno bene insieme e che possono permettersi di essere autentiche fino in fondo. Quando la relazione diventa sentimentale, allora lui o lei diventa “Bae”. Questa parola è l’equivalente contemporaneo di fidanzato o fidanzata, con un tocco in più: l’acronimo infatti significa “Before Anyone Else”, prima di chiunque altro. Non è solo una persona importante, è la persona. I social, ovviamente, sono la culla di molti dei vocaboli della Gen Alpha. Una delle sigle più diffuse è POV, che sta per Point of View. Ma non significa solo “punto di vista”. Nei video, il POV diventa un vero e proprio stile narrativo: si mette in scena una situazione, spesso buffa o imbarazzante, e la si racconta dal proprio punto di vista, creando un effetto immediato di identificazione. Dal mondo della musica, invece, arriva “droppare”, italianizzazione del verbo “to drop”. Quando un rapper lancia un nuovo singolo, lo droppa. E ora si droppa tutto: un video, un outfit, un’idea. È il verbo del rilascio, del lanciare qualcosa con stile, con impatto. “Droppare” è far sapere al mondo che è uscito qualcosa di importante. Altro verbo che ha conquistato il linguaggio quotidiano è “flexare”, che significa mostrare, sfoggiare, esibire. Se hai delle nuove scarpe, una borsa di marca o anche solo un nuovo taglio di capelli particolarmente figo, lo flexi. Ma non basta avere, bisogna mostrarlo. Flexare è il verbo del desiderio e del confronto, ma anche, spesso, dell’insicurezza mascherata. E poi c’è “cringe”, parola che non indica una persona ma una sensazione: l’imbarazzo, il disagio che provi quando qualcuno fa qualcosa di fuori luogo, esagerato, ridicolo. Se diventa un verbo, si dice “cringiare”. Ad esempio: “Ho cringiato cantando davanti a tutti” vuol dire che si è fatta una figuraccia epica. Cringe è l’equivalente moderno di ciò che una volta si sarebbe chiamato “brutta figura”, ma con un impatto molto più teatrale. Quando la tensione si fa alta, arriva un altro verbo importante: “chillare”. Anche questo viene dall’inglese, da “to chill”, rilassarsi. “Stai chill”, vuol dire “datti una calmata”, ma detto con una dose di ironia e distanza emotiva. Chillare è la risposta Alpha all’ansia dei genitori, agli esami, agli appuntamenti: è la filosofia del “non farti travolgere”. Infine, non si può non parlare di FOMO, la sigla che racchiude una delle ansie più comuni tra gli adolescenti digitali. Fear of Missing Out, ovvero la paura di restare fuori, di perdersi qualcosa, di non essere al corrente, al passo, aggiornati. È il motore che li spinge a restare incollati allo schermo, a controllare ogni notifica, a vivere costantemente in connessione. La FOMO, se non capita e gestita, rischia di diventare una prigione invisibile. Il linguaggio della Generazione Alpha è veloce, in evoluzione continua, spesso irriverente e sempre specchio del loro modo di abitare il mondo. Tradurre le loro parole non basta: bisogna ascoltarle, usarle, comprenderle nel contesto da cui nascono. Perché dietro ogni vocabolo c’è un universo da esplorare. E se vogliamo davvero capire chi sono, dobbiamo cominciare proprio da lì: dal modo in cui si raccontano, anche solo con tre lettere e un cuore.