Tra i pascoli verdi e i silenzi alti delle montagne venete, resistono ancora oggi straordinarie tracce di un sapere antico: le “pozze” d’alpeggio, bacini d’acqua realizzati a mano dai malgari per abbeverare il bestiame durante la stagione estiva. Dai pendii delle Prealpi Bellunesi alle Piccole Dolomiti Vicentine, passando per l’imponente Massiccio del Grappa e le dolci alture della Lessinia, queste piccole opere d’ingegno contadino testimoniano un profondo legame tra uomo, natura e necessità.
La loro costruzione partiva da una semplice depressione del terreno, spesso già presente naturalmente. A rendere la pozza funzionale era però l’intervento dell’uomo: il fondo veniva accuratamente modellato e impermeabilizzato con la terra argillosa, pressata dagli zoccoli delle vacche stesse. Questo passaggio, tanto rustico quanto efficace, sigillava i pori del terreno trasformando la conca in un piccolo serbatoio d’acqua piovana. Ogni malga poteva disporre anche di dieci pozze, posizionate con cura nei diversi appezzamenti, per garantire al bestiame un accesso regolare all’acqua durante la rotazione dei pascoli.
Più che semplici infrastrutture rurali, queste pozze sono oggi preziosi elementi del paesaggio culturale alpino, carichi di memoria e poesia. Alcune, con il tempo, hanno assunto forme sorprendenti, come quella che si trova sul Massiccio del Grappa, in alta Val di Poise: un cuore d’acqua incastonato tra i pascoli. Una forma che sembra fatta apposta per custodire romanticamente il ricordo di un tempo in cui l’acqua non era solo una risorsa, ma una promessa di vita.
In un’epoca in cui il cambiamento climatico e la siccità mettono a rischio anche le riserve montane, queste antiche pozze tornano a raccontare, con la loro silenziosa presenza, l’importanza della cura del territorio e di un rapporto più sostenibile con le risorse naturali. Riscoprirle oggi significa non solo valorizzare il patrimonio materiale e immateriale della montagna veneta, ma anche ascoltare le storie che l’acqua, custodita nel cuore della terra, continua a sussurrare.
Fonte Il Gazzettino