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A 48 anni dalla riforma della famiglia moglie e marito sono uguali?

Sono passati 48 anni dalla riforma del diritto di famiglia che ha cambiato le regole, almeno sulla carta, dentro le case degli italiani, ma anche fuori. Con l’ approvazione della legge 151 tramontava per sempre l’era del pater familias e iniziava una stagione nuova. Pari diritti e pari doveri per i coniugi e tutela per i figli nati al di fuori del matrimonio le novità principali.
Se prima era l’uomo il capofamiglia e a lui spettavano le scelte di vita, compresa la potestà sui figli, dopo il 1975 tutto cambia anche in materia di fedeltà e tradimenti. Un tempo il marito era responsabile della violazione del dovere di fedeltà solo qualora lo avesse fatto con grave ingiuria per la moglie. Oggi la separazione con addebito è un diritto assicurato per entrambi i coniugi, anche se la reazione di sorrisi e sguardi della società ai tradimenti della moglie sembra essere un tantino più severa, nonostante alle telecamere si dica che la responsabilità “è 50 e 50”.Al marito spettavano le attività lavorative extra-domestiche, alla moglie il lavoro casalingo e la cura dei figli e la regola di ‘perdere’ il proprio cognome. E’ proprio “il lavoro” e l’autonomia economica delle donne ad aver, insieme alla legge, ribaltato le cose. “Nessuna nostalgia del passato” dichiara con convinzione alla Dire un cittadino intervistato. Lo affermano soprattutto i giovani che testimoniano di vivere nelle loro case una condizione di parità. Ma a scavare esce fuori anche altro.

“Mah, così dice la televisione in continuazione” replica dubbiosa una signora che chiede di non essere né ripresa, né intervistata. Sono proprio loro, le donne, soprattutto se hanno più di 50 anni, ad essere perplesse sull’effettiva parità e libertà delle donne e mamme italiane.

Non me lo faccia dire a cosa serviamo” risponde seccata un’anziana signora che su una panchina, in un parco della Capitale, intorno a mezzogiorno si concede un po’ di relax. Ha confessato che ogni giorno, con calcolo scientifico, fa in modo di arrivare a casa appena in tempo per il pranzo: “Voglio vedere se almeno riesce a mettere sul fuoco la pentola per la pasta”, dice riferendosi al marito. “Serva di giorno, m…. di notte” è il riassunto che fa, e che non vuole sia mandato in onda, del matrimonio che oggi, come tanto altro, si sceglie solo per comodità, tanto “l’amore non esiste” chiosa con amarezza. E se i matrimoni finiscono presto è perché le donne non sopportano più a oltranza: prima erano eterni quasi sempre perché “erano sottomesse”.

Gli uomini, manco a dirlo, hanno una visione meno drammatica: “Mia moglie sta sopra di me” altro che parità, risponde un signore che con gli amici sta andando a fare colazione. Ma non si trattiene e lamenta come “alcune donne se ne approfittino”. Collaborare si, ma non lavare i piatti tutti i giorni in sostanza. Lui non li lava però, ci tiene a dire, ma non c’entra il pater familias: “Ho la lavastoviglie”, taglia corto e sorride.
E se tutti, a parole o con qualche ironia, plaudono alla parità di moglie e marito i numeri delle donne che vengono uccise (il 90% nel 2020 per mano del partner o ex) quando si separano, come anche le condizioni che vivono alcune mamme che si separano da violenti sulla custodia dei figli, lasciano negli intervistati un grande silenzio e qualche sospiro. Perchè la libertà e la parità non sono legge per tutti anche quando la legge le proclama, e magari, come dice il giovane ballerino: “Quando devi lottare per affermare di essere uguale è già un fallimento”.

di Silvia Mari (Dire)

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